tag:blogger.com,1999:blog-63596122188793202832024-03-05T04:56:17.494-08:00Il piacere di fare matematicaUn blog per dibattere le mie idee sulla matematica e sul suo insegnamento.Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.comBlogger48125tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-60223174493094213592022-01-14T02:54:00.002-08:002022-01-14T03:08:12.589-08:00Parliamo di decine e unità con Pascal<p>Anni fa (meglio non dire quanti...) ho pubblicato su questo blog una parte dell'attività svolta con la Pascalina zero+1 intitolata "Pascal ci insegna a contare". Per chi non la conosce ancora eccola qui:</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsNKE1qrKaeqOHWLeeQAyfE5qn7K8vN_9wuqB_IIeGsDLPHvMbxOHSbJUvuCsCls6JOZhfbZI4PBCQKRemQgoyZW1Amzuaf_RQ473-Ts6_HuD_TmveDky9UY1DdA85abSRFZVN-a2SM6wQ/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="1449" data-original-width="2365" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsNKE1qrKaeqOHWLeeQAyfE5qn7K8vN_9wuqB_IIeGsDLPHvMbxOHSbJUvuCsCls6JOZhfbZI4PBCQKRemQgoyZW1Amzuaf_RQ473-Ts6_HuD_TmveDky9UY1DdA85abSRFZVN-a2SM6wQ/" width="320" /></a></div><br />Trovate tutti i post digitando <b>Pascal </b>nel campo di ricerca. Non avevo ancora condiviso la parte conclusiva dell'attività cosa che ora mi accingo a fare: le DOMANDE DI PASCAL a cui i bambini hanno dato le loro risposte e i CONSIGLI DI PASCAL cioè le risposte date dal nostro personaggio che i bambini dovevano confrontare con le loro. Un bell'esercizio di argomentazione.
<div style="text-align: center;"><div style="margin: 8px 0px 4px;"><a href="https://www.calameo.com/read/0069751761076c745a6cb" target="_blank">Domande Di Pascal</a></div><iframe allowfullscreen="" allowtransparency="" frameborder="0" height="194" scrolling="no" src="//v.calameo.com/?bkcode=0069751761076c745a6cb" style="margin: 0 auto;" width="300"></iframe><div style="margin: 4px 0px 8px;"><a href="http://www.calameo.com/">Publish at Calameo</a></div></div>
<div style="text-align: center;"><div style="margin: 8px 0px 4px;"><a href="https://www.calameo.com/read/0069751760de410be1a96" target="_blank">Consigli Di Pascal</a></div><iframe allowfullscreen="" allowtransparency="" frameborder="0" height="194" scrolling="no" src="//v.calameo.com/?bkcode=0069751760de410be1a96" style="margin: 0 auto;" width="300"></iframe><div style="margin: 4px 0px 8px;"><a href="http://www.calameo.com/">Publish at Calameo</a></div><div style="margin: 4px 0px 8px;"><br /></div><div style="margin: 4px 0px 8px; text-align: left;">In classe i bambini avevano fruito alla LIM la seconda parte, quella con le risposte, a cui l'amico Alberto Pian aveva prestato la faccia e la voce. Cliccando sul numero della domanda Pascal dava la sua risposta con un file audio registrato.</div><div style="margin: 4px 0px 8px; text-align: left;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyJ5ggOPJBhYEYRVJ-9dqdiO07HawQrEeJrhspgGfTnxQg_9Jnk0DyKNn5yz1UsN-8Obf8xVr2SMQcXdh7P6Go06ZAHQSP-JxhAmtdxCNpxtpJZzy7yp8zRAxUr3sTSujKnccrE90Ft08n/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="895" data-original-width="1428" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyJ5ggOPJBhYEYRVJ-9dqdiO07HawQrEeJrhspgGfTnxQg_9Jnk0DyKNn5yz1UsN-8Obf8xVr2SMQcXdh7P6Go06ZAHQSP-JxhAmtdxCNpxtpJZzy7yp8zRAxUr3sTSujKnccrE90Ft08n/w428-h269/videata+per+LIM.jpg" width="428" /></a></div><br /><br /></div></div>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-82463460947292217302021-12-04T02:58:00.004-08:002021-12-04T04:27:44.552-08:00Conflitto perimetro/area: quali soluzioni?<p>Confrontando strategie risolutive diverse per la risoluzione di un problema emerge quasi sempre qualche conflitto cognitivo, anzi se non emerge sarebbe bene provocarlo. Un esempio è il conflitto perimetro/area. Perché i bambini fanno fatica a distinguere un concetto dall'altro? Tempo fa ho presentato ad un convegno un'attività svolta in Dad nella quale emergevano chiaramente queste difficoltà e i tentativi dell'insegnante per aiutare gli allievi a superarle. La chiave del successo però non sta tanto nell'intervento immediato, che può avere un effetto positivo spesso solo momentaneo, ma nell'impostare il percorso di insegnamento/apprendimento a partire da ciò che i bambini hanno già in testa, aiutandoli a renderlo esplicito per se stessi e per gli altri. Da qui l'importanza data in ogni fase del percorso didattico alla comunicazione verbale e anche scritta. </p><p>A questo proposito consiglio di leggere quanto ha scritto Maria Cantoni nel pdf dal titolo <a href="https://cvws.icloud-content.com/B/AV2_VDcNA8SBYKu5QG5HxL-mBLdLAWjLa0C_9zmwgwhq-2QKFMBU5mdW/Cantoni+-+Perimetro+e+area+due+concetti+inscindibili%3F.pdf?o=Anc-JoRhbjS28xp_AfCwdxxoxsLQExS08PYxBUQxrZqU&v=1&x=3&a=CAog5b5aBvBAGDvBJz48c55LOIkzs6z3o_bT8R1OnoeGVAkSaxCMp9qo2C8YrJ6RqdgvIgEAUgSmBLdLWgRU5mdWaiUViuc_huAqPVSwwASxSOKSdMTBqWxH9eypQPlfKVhPPVjCU6iBciUYrOcIxmzaTPsWhz1Jpa0kzCS_HiFTdGcxeGdLV4Sj6_1Tem12&e=1638616289&fl=&r=b5636a5e-2866-4654-a334-db47c0c75369-1&k=mVK1rUYZ5YJ3J892hVnJgw&ckc=com.apple.clouddocs&ckz=com.apple.CloudDocs&p=32&s=F-62P5amV7saVQkjq2rD8K-Ag3s&cd=i" target="_blank">Perimetro e area: due concetti inscindibili?</a></p><p>Questo conflitto va quindi affrontato con strumenti adeguati, non solo quando si presenta in modo palese, ma agendo "prima", proponendo attività e riflessioni da cui gli allievi ricavino strumenti concettuali e capacità di ragionamento adatti a superare quell'ostacolo. Anche in questo caso, come in altri, GeoGebra ci dà una mano.</p><p>Per costruire il perimetro occorre prendere in considerazione i segmenti-lati di una figura e imparare a sommarli. Cominciamo quindi a ragionare sul perimetro non solo come contorno di qualcosa ma sulla sua astrazione geometrica cioè come somma di segmenti.</p><p>La manipolazione virtuale con GeoGebra fa sì che gli allievi operino con quei segmenti spostandoli e giustapponendoli lungo una retta, cosa che prima avranno già simulato utilizzando cannucce o bastoncini posti sul contorno della figura in esame. Prendere e spostare, azione manipolativa concreta che Geogebra traduce abbastanza fedelmente.</p><p><a href="https://www.geogebra.org/m/h7ijmrW7">https://www.geogebra.org/m/h7ijmrW7</a></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjICkBIsvnZRO_RaskUJbZvLUupsyv_k_1noqiOwOh5pGA7f6KXENeWpwZWubJQdwYtTfrQXyxw9tGJOqSwpQeckPo3GzQiaNqnl4cCt_vEyvgZ3WpHC_bTW31ISXpaoW52Z-pfHvUZ98Wb/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="368" data-original-width="734" height="181" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjICkBIsvnZRO_RaskUJbZvLUupsyv_k_1noqiOwOh5pGA7f6KXENeWpwZWubJQdwYtTfrQXyxw9tGJOqSwpQeckPo3GzQiaNqnl4cCt_vEyvgZ3WpHC_bTW31ISXpaoW52Z-pfHvUZ98Wb/w362-h181/perimetro+come+somma++di+segmenti.png" width="362" /></a></div><p></p><p>In questo secondo file vediamo come si potrebbe procedere per il confronto di due perimetri definendo prima una qualsiasi unità di misura. </p><p><a href="https://www.geogebra.org/m/YEUMMXfp">https://www.geogebra.org/m/YEUMMXfp</a></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEn9Y9cf4DB28-IqyHwUDTa94TrabOKrMX_78A6kKbzugX6uftZbhKiXvvIkuFW2V-WGQthA4Rf4UDON-miHYzOXQ1yhrcVpbYxpNOyrZokHlkG7RVN8qPLOb5_Gmy6jm-sJA3IW-AJwar/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="399" data-original-width="569" height="337" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEn9Y9cf4DB28-IqyHwUDTa94TrabOKrMX_78A6kKbzugX6uftZbhKiXvvIkuFW2V-WGQthA4Rf4UDON-miHYzOXQ1yhrcVpbYxpNOyrZokHlkG7RVN8qPLOb5_Gmy6jm-sJA3IW-AJwar/w481-h337/CONFRONTO+PERIMETRI.png" width="481" /></a></div><br />Con questi due esempi vorrei sottolineare non solo come l'uso di uno strumento tecnologico possa diventare significativo dentro un percorso di apprendimento ma anche come occorra sempre fare quel passo in più che dalla manipolazione concreta ci porta verso la matematica... altrimenti anche le manipolazioni non acquistano significato e soprattutto non aiutano.<p></p>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-92087931937914605732021-10-30T00:20:00.002-07:002021-10-30T00:34:47.654-07:00Le creazioni matematiche come contesto per la ricerca <p>Sta per partire la nuova ricerca del gruppo Creazioni matematiche. Il gruppo di insegnanti è abbastanza folto e variegato, varie le età degli alunni, vari i luoghi di provenienza degli insegnanti. Difficile trovare luoghi e tempi per incontrarsi tutti insieme. Ci viene incontro la nostra piattaforma Moodle che ci consente uno scambio continuo e, per il team di coordinamento, anche un gruppo su Whatsapp.</p><p>I temi da sviluppare sono tanti: dalla ricerca dello scorso anno ne sono emersi cinque che abbiamo provato ad elencare per non perdere il filo dei discorsi aperti:</p><p>1. Progettazione, documentazione, valutazione </p><p>2. Conduzione della discussione, buone domande</p><p>3. Situazioni problema</p><p>4. Inclusione</p><p>5. Integrazione con le tecniche Freinet </p><p>Sicuramente, tra questi, il tema delle <b>situazioni problema</b> (che cosa sono… come si gestiscono…) è quello che ci aiuta di più in questo momento a costruire dei raccordi tra creazioni e contenuti della matematica, dal momento che le creazioni sono prodotti assolutamente spontanei dei bambini e portano sempre in tante direzioni. Proporre situazioni problema, soprattutto se già sperimentate, aiuta a tenere la rotta. Le situazioni problema di solito sono generative, suggeriscono variazioni che conducono poi verso generalizzazioni e astrazioni importanti. </p><p>Gli aspetti visivi delle creazioni sono anche fondamentali, quindi mi vengono in mente varie letture che potrebbero aiutarci ad approfondire e a migliorare la nostra capacità di analisi e di interpretazione dei prodotti dei bambini. De Finetti, Radford… una ricerca interessante e con possibilità infinite di sviluppo. Ma anche la Gestalt…</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijuDsVrv9lTuq3zU_HjXf0dX6UXdQulJikrBs1-_6E03azW6B2U5Y_91srAz8PDmKqkH-kBQmabzN3Go4WdAkvFTKAAvwKrm5ZOmpJ5PQScO_WDVmiiE4qKwcVGiinJ6KkXXFgybuB_73v/s1200/61BDDB45-BE8D-46BF-BC9B-BA43EFC432F0.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="924" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijuDsVrv9lTuq3zU_HjXf0dX6UXdQulJikrBs1-_6E03azW6B2U5Y_91srAz8PDmKqkH-kBQmabzN3Go4WdAkvFTKAAvwKrm5ZOmpJ5PQScO_WDVmiiE4qKwcVGiinJ6KkXXFgybuB_73v/s320/61BDDB45-BE8D-46BF-BC9B-BA43EFC432F0.jpeg" width="246" /></a></div><br /><p><br /></p><p>Tornando alle situazioni problema… per me rimane fondamentale il testo di Arsac “Problemi aperti e situazioni problema” (in francese) che offre esempi diventati delle pietre miliari dei nostri percorsi didattici come il problema di Toto o quello dell’astronave che abbiamo declinato in tanti modi.</p><p><a href="https://publimath.univ-irem.fr/biblio/ILY91002.htm">https://publimath.univ-irem.fr/biblio/ILY91002.htm</a></p><p>Nel libro di Zan&Di Martino “Insegnare e apprendere la matematica con le Indicazioni nazionali” troviamo una tabella ormai famosa in cui si confronta un problema con un esercizio.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAdeFDNm7lROst2MfNVSfFYptFi-u8FJjngWOy2moh5GQb7rs2CoV5xwoopg2huhSizQZ08qxDtEe7_8JWLYQh08uRuM6qCxWJnq47xiGnDIi9JC8yIKY6eS_JsYDaI9JSLdhoaGkkumVD/s1734/90A23738-526C-444E-9B00-F9B42F796BCD.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1734" data-original-width="1454" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAdeFDNm7lROst2MfNVSfFYptFi-u8FJjngWOy2moh5GQb7rs2CoV5xwoopg2huhSizQZ08qxDtEe7_8JWLYQh08uRuM6qCxWJnq47xiGnDIi9JC8yIKY6eS_JsYDaI9JSLdhoaGkkumVD/s320/90A23738-526C-444E-9B00-F9B42F796BCD.jpeg" width="268" /></a></div><p>Il “problema” di cui si parla qui è una “situazione problema” dal momento che porta i bambini a costruire nuove conoscenze, si colloca nella zona di sviluppo prossimale, fa evolvere da ciò che si sa verso ciò che è ancora da costruire concettualmente e quindi apre verso i nuovi apprendimenti. Ciò che distingue un esercizio da una situazione problema, nella mia esperienza, sono ancora altri due elementi: il fatto che non si risolve da soli, cioè non può essere, se non momentaneamente, un lavoro individuale, è sempre una ricerca di gruppo, esige lo scambio, la comunicazione per arrivare alla soluzione. Secondo aspetto: diventa fondamentale il confronto delle strategie così come la condivisione delle difficoltà incontrate, degli errori fatti lungo il cammino e la presa di coscienza del ruolo che gli errori stessi hanno avuto nel percorso risolutivo, lo sviluppo di capacità di controllo e di tutte quelle abilità metacognitive messe in gioco in situazioni significative. La discussione matematica è un momento fondamentale per mettere in gioco tutti questi aspetti. </p><p>Qui le citazioni diventerebbero infinite ma dal momento che in questo periodo si stanno affrontando le problematiche connesse alla valutazione mi sembra importante dire che se vogliamo seguire veramente i processi messi in atto dai bambini, per valutare i loro progressi, siamo obbligati a passare attraverso le situazioni problema registrando accuratamente ciò che la situazione <span>mette in luce del “sapere”, del “fare” e del “saper essere” di ogni bambino proprio perché<span> si esce dagli stereotipi e quindi ognuno mette in gioco competenze reali.</span></span></p><p>Scrivendo questo post mi sono venuti in mente tanti filoni di ricerca intrecciati inevitabilmente tra di loro che dovremo disintrecciare e poi reintrecciare per ri-costruire le nostre competenze professionali.</p><p><br /></p><p><br /></p>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-29606364579313950502021-01-02T03:11:00.003-08:002021-01-02T03:12:46.572-08:00Ripensare la didattica della fisica<p>Abbiamo da poco pubblicato nella collana <i>RicercAzione</i> del MCE un libro molto importante di Maria Arcà e Paolo Mazzoli:<i> Chi vince al tiro alla fune?</i></p><p>Il tema,<i><b> le forze</b></i>, ci fa entrare nel mondo della didattica della fisica con uno sguardo nuovo: quello dei bambini che fanno esperienze di gioco o con oggetti a portata di mano e, stimolati dall'insegnante, cercano delle risposte a domande molto semplici come quelle suggerite fin dall'introduzione del libro: Perchè un elastico si allunga? Chi vince al tiro alla fune? e così via.</p><p>Io mi sono sempre sentita particolarmente ignorante in fisica perché non tutto ciò che si vede succedere ha una spiegazione intuitiva, spesso è proprio l'opposto, a cominciare dalla difficoltà di ragionare a livello di sistema per potersi rendere conto che le forze non agiscono mai da sole ma sempre in coppia, cioè ci sono sempre due forze uguali e contrarie che si contrappongono anche quando non riusciamo a "vederle". E allora bisogna guardare ai fatti con un occhio diverso... non per cercare la legge già codificata ma per provare a capirla, a spiegarcela con parole nostre dopo averne fatto esperienza.</p><p>Se non avete mai fatto con i bambini esperienze di tiro alla fune, di uso delle bilance, di spinte ad oggetti ecc. per capire che cosa significa "fare forza", è ora di provarci; giocando con loro possiamo imparare tanto anche noi. Questo è un libro operativo, nello spirito dei libri rossi di questa collana, quindi suggerisce attività da fare subito in classe, tutte facilmente realizzabili con materiali e oggetti comuni.</p><p>Il libro è un eBook acquistabile su internet come indicato nella <a href="http://moodle.mce-fimem.it/mod/resource/view.php?id=3663" target="_blank">scheda promozionale</a></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://www.mce-fimem.it/wp-content/uploads/2020/12/Copertina-17-corretta-1097x1536.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="571" height="320" src="http://www.mce-fimem.it/wp-content/uploads/2020/12/Copertina-17-corretta-1097x1536.jpg" width="229" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Abbiamo realizzato un'intervista agli autori che è anche una piccola lezione di fisica: se avete un po' di tempo provate a guardarla e mandatemi i vostri commenti.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="366" src="https://www.youtube.com/embed/nogaEem_nGg" width="440" youtube-src-id="nogaEem_nGg"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><br /><p><br /></p>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-53344582071267007252020-10-12T00:55:00.002-07:002020-10-12T00:58:21.980-07:00Fate una creazione matematica!<p>Finalmente il 24 ottobre si parte con la ricerca azione sulle creazioni matematiche: segnatevi la data e soprattutto se siete interessate iscrivetevi. Qui trovate tutte le informazioni utili <a href="http://www.mce-fimem.it/evento/fate-una-creazione-matematica/">http://www.mce-fimem.it/evento/fate-una-creazione-matematica/</a></p><p>L'intento del gruppo che si è costituito anche a livello nazionale nel MCE è di sperimentare delle modalità innovative di fare matematica ispirandosi al modello di Paul Le Bohec e alle ricerche più recenti in didattica della matematica.</p><p>Abbiamo un sito <a href="https://creazionimatematiche.com">https://creazionimatematiche.com</a> dove raccogliamo le documentazioni del lavoro svolto dagli insegnanti che dall'anno scorso partecipano alla ricerca. È in continuo aggiornamento. </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp1bzr9S2VHlCHvbywCRVaszy_k-NUv77u8dPzHOm2liXvWcq47qzBnpKs7gDuq9nO3IYB6YmlfIs59dmcHjzkVWCznBTFguAYaWFpIcVvgVpImC0uo1MJ4OxleewGcg0Vt6YL1WaW3khV/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="945" data-original-width="972" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp1bzr9S2VHlCHvbywCRVaszy_k-NUv77u8dPzHOm2liXvWcq47qzBnpKs7gDuq9nO3IYB6YmlfIs59dmcHjzkVWCznBTFguAYaWFpIcVvgVpImC0uo1MJ4OxleewGcg0Vt6YL1WaW3khV/" width="247" /></a></div><br />Nel sito c'è il <a href="https://creazionimatematiche.com/blog-2/" target="_blank">blog</a> dove scriviamo le idee che nascono dalla riflessione sui lavori svolti ed è spiegato <a href="https://creazionimatematiche.com/il-percorso-didattico/" target="_blank">il percorso didattico</a>, anche questo in continua revisione perché le idee non mancano, una volta intrapresa questa strada da un'idea ne nasce un'altra.<p></p><p>È possibile interagire con noi attraverso i commenti agli articoli e alle pagine oppure scriverci direttamente attraverso il modulo di contatto <a href="https://creazionimatematiche.com/contact/">https://creazionimatematiche.com/contact/</a>.</p><p>Mi sembrava importante dare anche qui le informazioni sul nostro gruppo oltre a quel che potete trovare sul sito MCE <a href="http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/creazioni-matematiche/">http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/creazioni-matematiche/</a></p><p>La ricerca è grande e coinvolge persone da molti gruppi territoriali e anche persone singole interessate. Prende così corpo la mia idea di qualche anno fa di creare un gruppo all'interno del MCE che si prendesse cura anche della matematica come era un tempo, cercando di mettere in contatto le esperienze isolate che esistono all'interno del Movimento. Abbiamo iniziato con il <a href="http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/manifesto-sullinsegnamento-della-matematica/" target="_blank">Manifesto sull'insegnamento della Matematica</a> che contiene i fondamenti e ora cerchiamo di mettere in pratica i principi espressi in quel documento lavorando tutti insieme ad un progetto innovativo. </p><p><br /></p>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-34614818812575552432020-09-27T06:51:00.005-07:002020-09-27T06:58:14.172-07:00Uno smartphone per documentare<p>Sono stata assente per tutta l'estate ma non vuol dire che non abbia fatto nulla... tanti lavori da concludere e la collana online RicercAzione del MCE da seguire con più costanza dal momento che ora ne sono incaricata ufficialmente. Comincio quindi da lì. Inserisco la bella videata che compare sullo <a href="https://store.streetlib.com/it/search?q=edizioni%20mce&sort=_score" target="_blank">Store di StreetLib cercando "Edizioni MCE" </a>che è molto accattivante e dimostra che di lavoro se ne è fatto parecchio in un anno: 9 pubblicazioni.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzBNb-IlWSrdG6q6xGkyAsbjjKPr5PXMrbCm3nJHce6OLjm2I0Qi2_IBCoSfouRznzXRnIAUVzOerL_Bm5uh00wFHJtdveWIUYrACZOateQfGdZ897Djs0uqBRec8kgRF1nx8zEZbmetah/s1121/libri+ricercazione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1121" data-original-width="653" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzBNb-IlWSrdG6q6xGkyAsbjjKPr5PXMrbCm3nJHce6OLjm2I0Qi2_IBCoSfouRznzXRnIAUVzOerL_Bm5uh00wFHJtdveWIUYrACZOateQfGdZ897Djs0uqBRec8kgRF1nx8zEZbmetah/w373-h640/libri+ricercazione.png" width="373" /></a></div><br /><p>La serie rossa sono attività da svolgere subito in classe, la serie gialla contiene anche un po' di teoria, la serie blu sono documenti o testimonianze del MCE che ci sembra valga la pena riprendere in mano.</p><p>Il lavoro continua perché i gruppi di ricerca del MCE non stanno mai con le mani in mano. Sono in preparazione altri titoli, alcuni sono già in uscita. Cerchiamo di intercettare le esigenze della scuola, degli insegnanti di tutti gli ordini scolari, e anche di valorizzare il lavoro di ricerca e sperimentazione che avviene in molti gruppi territoriali.</p><p>La riflessione che volevo fare oggi riguarda la <b>documentazione</b>: senza lo sforzo di molti insegnanti di documentare il loro lavoro queste pubblicazioni non potrebbero esistere. Ma come documentare?</p><p>Innanzitutto bisogna dire che la documentazione non serve solo per poter fare le riflessioni nel gruppo di ricerca ma soprattutto per quella personale di ogni insegnante sui percorsi didattici che propone agli allievi per ricavare elementi utili alla <i>valutazione formativa</i>. Questo uso della documentazione non è una novità ma siccome costa fatica molti insegnanti con cui lavoro cercano di aggirare l'ostacolo condividendo solo le sintesi, i risultati finali del lavoro svolto in classe, il quaderno, in sostanza. Questo non serve a molto. Se l'attenzione deve essere <i>rivolta ai processi</i> per poter aiutare gli allievi a superare gli ostacoli di apprendimento, occorre documentare i processi... raccogliere i loro prodotti, analizzarli con il nostro occhio e poi farli discutere agli allievi. È in questa interazione tra alunni e insegnante che si costruisce conoscenza.</p><p>Per documentare bisogna essere attrezzati. Quando si propone un'attività entriamo in classe con tutto il necessario ... <i>lo smartphone</i>. Questo oggetto che sta sempre nelle nostre tasche ci permette di fare tutto ciò che serve: foto, filmati, registrazioni audio. Usiamolo! Ogni documento creato è immediatamente condivisibile e se si crea un archivio nel cloud immediatamente tutto il gruppo di ricerca può avere la percezione di ciò che avvenuto e farsi delle domande o provare a ripetere la stessa esperienza.</p><p>Creiamo una struttura nel cloud che consenta di avere in tempo reale la documentazione di tutti i passaggi di un'attività, le cose che dicono e che fanno i bambini. Impariamo a non filmare i volti dei bambini, se non strettamente necessario, ma solo le mani, impariamo a girare in senso orizzontale lo smartphone quando filmiamo per avere la <i>clip video</i> in formato panoramico non in formato "fessura", scriviamo subito un breve <i>diario di bordo</i> per ricordarci le cose più importanti. Alla fine del lavoro fotografiamo tutti i <i>protocolli</i> mettendoci in un angolo con la luce naturale facendo attenzione a non creare ombre sul foglio. </p><p>Con questi pochi accorgimenti avremo delle documentazioni impeccabili che potranno essere facilmente utilizzate ad esempio per la costruzione di un libretto della serie rossa. La difficoltà più grossa che ho avuto in questo periodo è stata reperire immagini di qualità. Non avere le immagini nel formato giusto e con la risoluzione sufficientemente alta (300 dpi è quella necessaria) fa perdere un sacco di tempo nel momento dell'editing.</p><p>La documentazione ci serve anche per le riunioni con i genitori, per renderli più partecipi del lavoro di classe, per far vedere i loro figli in azione. Se raccogliamo in un filmato le clip dei momenti clou dell'anno scolastico abbiamo la possibilità di mostrarli sia agli allievi sia ai genitori, con scopi diversi ma tutti ugualmente importanti.</p><p>Nel periodo della Dad avere uno smartphone e saperlo usare in questo senso ha permesso di superare molti ostacoli, di mantenere vive le relazioni e sfruttare i contatti per cercare le persone. WhatsApp è l'applicazione che ha sfondato in questo senso. È inutile andare a cercare cose più complicate. Molto spesso la soluzione più vicina a noi è anche quella più funzionale.</p><p><br /></p>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-5155683299951269452020-06-25T06:19:00.000-07:002020-06-29T08:22:12.834-07:00La nuova scuola della ministraHo appena letto questo articolo <a href="http://www.tuttaunaltrascuola.it/scuola-la-mia-proposta-al-ministro/">http://www.tuttaunaltrascuola.it/scuola-la-mia-proposta-al-ministro/</a><br />
di cui evidenzio alcuni passaggi su cui mi preme intervenire ed eventualmente dibattere.<br />
<span style="background-color: #fbfbfb;"><br /></span>
<span style="background-color: #fbfbfb;">Il consulente della ministra, che si presenta come insegnante "innovatore" (ora in pensione come me...) propone di costituire <b>"</b></span><b>una rete sperimentale di scuole senza voti né compiti, dove si sta all’aperto e dove si apprende per campi di esperienza» </b>che, detto così, pare una cosa bellissima: chi non desidera eliminare i voti e i compiti, stare di più all'aperto anziché chiusi in un'aula, eliminare la rigidità dell'insegnamento per discipline separate, lavorare su campi di esperienza... ma ecco che subito sorgono i dubbi.<br />
<br />
Comincio dal fondo.<br />
<br />
<b>1. Campi di esperienza.</b> Che cosa significa "campi di esperienza"? Sono quelli citati nelle Indicazioni Nazionali per la scuola dell'infanzia (il sé e l'altro, la conoscenza del mondo...)? Nelle ultime Indicazioni si legge: <i>"...i campi di esperienza vanno piuttosto visti come contesti culturali e pratici che “amplificano” l’esperienza dei bambini grazie al loro incontro con immagini, parole, sottolineature e “rilanci” promossi dall’intervento dell’insegnante"</i>. Quindi sembra che il campo di esperienza sia definito da un insieme di relazioni che in qualche modo facilitano l'esplorazione e la reinvenzione dei concetti, non è un agglomerato informe di esperienze ma qualcosa in cui i nessi tra i vari aspetti non sono frutto di associazioni logiche (adulte), della casualità o dell'improvvisazione; nel campo di esperienza i costrutti epistemologici delle discipline vengono esaltati e valorizzati.<br />
O sono come i contesti di apprendimento di Matematica 2001 (scusate se cito sempre questa esperienza ma ovviamente per me è stata basilare!) "<i>che fanno riferimento ad esperienze extrascolastiche già fortemente matematizzate nella vita di tutti i giorni"</i> (es. scambi economici, temporalità esterna, rappresentazione dello spazio, ricette di cucina, giochi tradizionali (e di strategia) macchine ingranaggi...) all'interno dei quali la matematica (in questo caso) acquista significato anche agli occhi degli allievi e in cui è possibile sperimentare sia attività di modellizzazione sia attività di riflessione.<span style="font-family: "times new roman";"><span style="font-size: 12px;"> </span></span>Paolo Boero (<a href="http://didmat.dima.unige.it/set_modelli/materiali/parole/campo.html" target="_blank">a cui rimando</a>) ha sviluppato intorno a questo concetto tutto il suo progetto didattico, che non riguardava solo la matematica ed era anche molto connotato ideologicamente, visto il momento storico in cui è nato.<br />
O è qualcos'altro che andrebbe allora spiegato e/o ridefinito?<br />
<br />
2. <b>Outdoor education</b>: ho seguito diversi webinar in questo periodo per capire meglio che tipo di didattica potesse nascere da queste proposte ma finora non ho capito <b>che cosa concretamente si farebbe in questo ipotetico outdoor </b>al di là di raccogliere foglioline e assemblarle per costruire dei bei quadretti (sto esagerando ovviamente!!!). Qualcuno ha spiegato veramente come si organizza concretamente un'attività outdoor, con quali obiettivi e con quali proposte e come le attività si inseriscano nel curricolo, quali conoscenze costruiscano e come? I bambini vengono a scuola per imparare non per "giocare in cortile". Io ho sempre praticato, appena possibile, la "mia" outdoor education perchè per fare scienze è indispensabile fare esperienze dal vero (non esperimenti da laboratorio! e non ero l'unica a saperlo e praticarlo, facevo riferimento ad un gruppo di ricerca!). I genitori dei miei alunni si ricorderanno di essersi autotassati (non tutti, se ricordo bene!) per acquistare un tavolone da mettere di fianco al nostro orto per poter osservare, raccogliere, curare, disegnare, studiare le piante e gli animaletti che si trovavano nel cortile della scuola. Quindi penso che <i>outdoor education </i>sia qualcosa di abbastanza chiaro nella mente di chi la propone perché l'ha sperimentata e sa dove porta e come si gestisce ... ma non mi sembra una novità, se non per l'uso di un termine inglese, e soprattutto non è qualcosa che si realizza da un giorno all'altro. Richiede formazione e fatica, anche tutoraggio continuo e la presenza di facilitatori, a quanto leggo sui siti che la propugnano. Forse è per questo che costano parecchio i corsi con i formatori e le scuole devono quindi essere molto motivate per aderire a queste reti. Ce ne sono altre dello stesso tipo che propugnano altre forme organizzative... è tutto un fiorire di idee... mi chiedo come mai!<br />
<br />
3. <b>No compiti. </b>Questa mi sembra una cosa sensata se stiamo ragionando su una scuola a tempo pieno dove nel tempo scuola i bambini hanno modo di esercitarsi a livello individuale perché l'organizzazione scolastica comprende questi tempi anche con una gestione autonoma da parte dei bambini stessi (vedi il piano di lavoro di Freinet nel post <a href="https://ilpiaceredifarematematica.blogspot.com/2020/03/creazioni-antivirus.html">Creazioni antivirus</a>). Ma in una scuola che molto probabilmente sarà dimezzata come tempi (di aumentare gli organici non se ne parla!) mi sembra veramente poco realistico. In ogni caso volenti o nolenti i nostri alunni per imparare devono avere modo di mettersi alla prova a livello individuale, quindi devono sia studiare che fare compiti, se poi i compiti si debbano fare a scuola o a casa questo è un altro discorso.<br />
<br />
4. <b>No voti. </b>Qui sfondiamo una porta aperta dal momento che il MCE, di cui faccio parte, ha avviato da anni la campagna <b><a href="http://www.mce-fimem.it/firma-la-petizione/" target="_blank">Voti a perdere</a></b>!!! Ma "no voti" non vuol dire "no valutazione"... altrimenti come facciamo a portare avanti un progetto formativo? Stiamo ovviamente parlando di <b>valutazione formativa,</b> l'unica che serve, e di <b>autovalutazione</b>. Quindi ci stiamo assumendo un onere molto più grande, quello di seguire passo passo il percorso cognitivo di ogni allievo e di monitorare i progressi attraverso una <b>documentazione</b> puntuale delle attività svolte e delle risposte che ogni singolo allievo è in grado di dare: ma chi brandisce questo slogan ne è consapevole? Ce la racconta così? O basta eliminare i voti per eliminare discriminazioni e tante altre problematiche?<br />
<br />
5. <b>Rete sperimentale.</b> Ed ecco per concludere, ciliegina sulla torta, la trappola iniziale o finale a seconda di come si legge la proposta: tutta questa grande innovazione è solo per pochi. Dal momento che ho fatto parte di progetti di sperimentazione per tutta la mia vita (scolastica) e ancora oggi me ne occupo, so già che fine farà questa bella sperimentazione. Pochi eletti riceveranno fiumi di denaro per fare ciò che piace a loro. I risultati non li sapremo mai, il monitoraggio verrà fatto dai loro amici e le scuole continueranno a fare quel che facevano già prima con sempre meno risorse.<br />
<br />
Fine della storia. Visione troppo cinica o di parte? Assolutamente sì. Ma questo è ciò che mi sento di dire ogni volta che ascolto queste proposte, con tutto il rispetto, sia chiaro, per chi porta avanti le sue idee sfruttando gli spazi che gli vengono offerti.<br />
Purtroppo rimangono aperti i problemi veri: Chi farà la progettazione didattica e come la farà? Che cosa impareranno concretamente i bambini se i progetti non sono anche accompagnati da una chiara visione del contenuto delle discipline? Chi è capace di fare attività interdisciplinari dando agli alunni le conoscenze indispensabili per la loro emancipazione?<br />
<br />
Parte del mio cinismo dipende dal mio lavoro. Faccio i conti quotidianamente con la richiesta di formazione sulla matematica e io stessa continuo a studiare e a formarmi nel mio nucleo di ricerca, gli insegnanti con cui lavoro sanno di non sapere (come anch'io so di non poter padroneggiare tutta la matematica...) e mi chiedono di spiegare i concetti più ostici che spesso incontrano per la prima volta, di aiutarli a progettare, di imparare come si fa a cogliere nei prodotti e nelle parole dei bambini ciò che sanno e ciò che stanno imparando, come si fa a interagire correttamente rispettando le idee di ciascun bambino e aiutandolo ad esprimerle... questa è una ricerca continua che non può essere delegata a persone esterne alla classe. O si fa insieme o non si fa.<br />
Una formazione comune tra insegnanti e altri operatori è indispensabile per cambiare un po' la scuola. Ci sono esperienze di questo tipo a cui fare riferimento.<br />
Ciò che non funziona è cambiare gli assetti organizzativi lasciando invariato tutto il resto.<br />
E per favore non toccateci le Indicazioni nazionali....Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-53298075171891874672020-06-22T11:41:00.001-07:002020-06-22T11:41:08.587-07:00 Paul Le Bohec e le creazioni matematicheDurante la Dad ho creato un sito dedicato alle creazioni matematiche<br />
<a href="https://creazionimatematiche.com/">https://creazionimatematiche.com</a><br />
<br />
Con un gruppo di insegnanti del MCE sto sperimentando il metodo naturale e in modo particolare le creazioni matematiche. Abbiamo anche ripubblicato nella Collana RicercAzione il libro di Paul Le Bohec "<i>Il testo libero di matematica</i>" per dare a tutti gli insegnanti interessati una base comune di partenza. Il libro é in formato eBook scaricabile da qui <a href="https://store.streetlib.com/it/paul-le-bohec/il-testo-libero-di-matematica">https://store.streetlib.com/it/paul-le-bohec/il-testo-libero-di-matematica</a><br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwsP_kuCFPLDNbZfNIa2MNW8P7n3wIJROPUtWI93eOetIfcHSPh35m3iSusni3GkEIZtP1ZRDepl2ah5xDW3KxzZkRgI4ay013RkWzgbzOQCPgX1XHIX-x2KhZ_96f39laFiDJs3qEtlb5/s1600/copertina+le+bohec.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwsP_kuCFPLDNbZfNIa2MNW8P7n3wIJROPUtWI93eOetIfcHSPh35m3iSusni3GkEIZtP1ZRDepl2ah5xDW3KxzZkRgI4ay013RkWzgbzOQCPgX1XHIX-x2KhZ_96f39laFiDJs3qEtlb5/s320/copertina+le+bohec.jpg" width="228" /></a><br />
Quando l'ho letto diversi anni fa sono rimasta folgorata: era così semplice e nello stesso tempo così geniale! Da allora ho cercato in ogni occasione di esportare questa tecnica che ho subito messo a confronto con le esperienze che facciamo nel Nucleo di Ricerca di cui faccio parte. Ci sono molte assonanze... indubbiamente, anche se l'impostazione di Paul per certi versi risulta un po' datata è sicuramente un modo di lavorare stimolante per i bambini ma anche per l'insegnante... è una sfida continua.<br />
<br />
L'unica soluzione, dopo aver letto il libro, era mettersi in gioco, provare... Devo dire che alcuni insegnanti con cui lavoro si sono resi subito disponibili. Un gruppo in particolare, a Milano, sembra aver colto meglio di altri il senso di questa proposta e ha condiviso molti materiali contaminando la tecnica di Paul con altre tecniche Freinet ad esempio la corrispondenza scolastica.<br />
Questo modo di lavorare ha funzionato bene anche in Dad!<br />
<br />
Fare creazioni e poi discuterle con i bambini è sempre molto arricchente, ci permette di cogliere l'essenza del loro pensiero matematico, di quello che hanno sviluppato fino a quel momento.<br />
Ci auguriamo che altri si lascino coinvolgere e partecipino a questa nostra avventura che richiede una buona conoscenza sia della matematica che della sua didattica. Conoscere bene la matematica ad un livello non elementare è indispensabile per poter cogliere gli spunti offerti dai bambini attraverso le creazioni. Non è quindi un metodo da applicare in modo meccanico, con percorsi precostituiti o con manuali ed eserciziari ad hoc. È un modo di vedere la matematica che passa attraverso gli occhi e la mente dei nostri allievi.<br />
Visitate il sito perché è ricco di sorprese, è un sito in continuo aggiornamento .... ho ancora diversi "pacchi" di creazioni da inserire...<br />
<br />
<br />Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-39270828888209833952020-04-14T08:17:00.002-07:002020-04-14T08:17:37.900-07:00Il laboratorio di geometria nella scuola primariaUn lavoro mio e di Elisabetta Vio per la rivista Gulliver<br />
<br />
<a href="http://www.gulliverscuola.eu/it/demo/ngn203/dossier/">http://www.gulliverscuola.eu/it/demo/ngn203/dossier/</a><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitb-ltf8yxiPlxwvHZBnMADg8V_byu7EIifxbVncWsi-4e8nugSM57StVjB-SymdkJcjf7cpluq2CX79g2Nu1I336rZyjlmWTBwQ54rwJHPifJkjdAG9qcPl0m9KAC4_nBIYO7M_FLfCmn/s1600/copertina+di+gulliver.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitb-ltf8yxiPlxwvHZBnMADg8V_byu7EIifxbVncWsi-4e8nugSM57StVjB-SymdkJcjf7cpluq2CX79g2Nu1I336rZyjlmWTBwQ54rwJHPifJkjdAG9qcPl0m9KAC4_nBIYO7M_FLfCmn/s640/copertina+di+gulliver.png" title="" width="468" /></a></div>
Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-41560635565535990982020-04-11T11:28:00.000-07:002020-04-14T11:14:57.282-07:00Sistema posizionale... che fare a distanza?La "Pascalina" Zero+1 Quercetti è molto utile sia in prima che in seconda per ragionare sul sistema posizionale. Ma nel lavoro a distanza, se i bambini non la possono manipolare, bisogna ricorrere ad altro.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglG0ddl0QiuH55bKawFnYtpPSOEC92Ga1s2XQpp-uzSRC67hCH3JD9GkipjAPCle8JjttBlD4eSDnaSSAG3nfn7AAPTrWeeYMChevHcT2b4p1GGZh8rd59TPXGkCAa6Vrd9GKfEBvLV3aL/s1600/wiki-numero+-+21.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglG0ddl0QiuH55bKawFnYtpPSOEC92Ga1s2XQpp-uzSRC67hCH3JD9GkipjAPCle8JjttBlD4eSDnaSSAG3nfn7AAPTrWeeYMChevHcT2b4p1GGZh8rd59TPXGkCAa6Vrd9GKfEBvLV3aL/s320/wiki-numero+-+21.JPG" width="239" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br />
<span style="font-size: small; font-style: italic;">I bambini smontano e rimontano la pascalina per capire e spiegare come funziona.</span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Un gruppo di ricercatori francesi ha creato una <b>e-pascalina</b> utilizzabile sul computer. Bisogna andare su questo sito per avere le informazioni necessarie ad usarla (il sito è ancora attivo):<br />
<br />
<a href="http://educmath.ens-lyon.fr/Educmath/recherche/equipes-associees-13-14/mallette/prototype-mallette/cahier-additionnner-avec-la-e-pascaline-cp">http://educmath.ens-lyon.fr/Educmath/recherche/equipes-associees-13-14/mallette/prototype-mallette/cahier-additionnner-avec-la-e-pascaline-cp</a><br />
<br />
Scaricare il software Cabrì in versione gratuita per gli allievi come indicato in questa pagina<br />
<br />
<a href="http://educmath.ens-lyon.fr/Educmath/cabri-elem-ife/telechargement-des-logiciels-cabri-edition-ife">http://educmath.ens-lyon.fr/Educmath/cabri-elem-ife/telechargement-des-logiciels-cabri-edition-ife</a><br />
<br />
e infine i quaderni con gli esercizi.<br />
Non so se funziona ancora ma conviene provare. Mi sto attivando per capire.<br />
<br />
Altrimenti ci sono dei contatori da usare online come questo:<br />
<br />
<a href="http://www.shodor.org/interactivate/activities/NumberBaseClocks/">http://www.shodor.org/interactivate/activities/NumberBaseClocks/</a><br />
<br />
Su iPad trovate invece l'ottima app Posizionale:<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXfMtUZtr5Fapk6wvvVKwTtPtjzEpVbidGASDOqgWPfVe2A9GJhT7dJNCrugG7mBFnyfDcE2-UXRTzpYhypxUHXSalt-EaAAYafBMtbjFYQRzgj8-oGBmu42XqV_7H_rzamfwPNbmJuy9z/s1600/posizionale.png" imageanchor="1"><img border="0" height="376" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXfMtUZtr5Fapk6wvvVKwTtPtjzEpVbidGASDOqgWPfVe2A9GJhT7dJNCrugG7mBFnyfDcE2-UXRTzpYhypxUHXSalt-EaAAYafBMtbjFYQRzgj8-oGBmu42XqV_7H_rzamfwPNbmJuy9z/s640/posizionale.png" width="640" /></a><br />
<br />
<br />
Con tutte queste app l'attività più importante da proporre è chiedere ai bambini di usarla per comporre dei numeri e poi spiegare come funziona con un testo scritto su cui far confrontare un piccolo gruppo discutendo a viva voce tramite Zoom o Skype o Whatsapp.<br />
Successivamente si propongono addizioni e sottrazioni sempre chiedendo qual è la procedura da seguire con la macchina. Spiegando come funziona i bambini prendono coscienza dei concetti matematici che incorpora. Bisogna però saper fare le domande giuste! E non trasformare tutto solo in un esercizio.<br />
Un'attività molto semplice che si può proporre consiste nel costruire dei cartoncini con i numeri fatti in questo modo: il 10 è la base e poi sullo zero si sovrappongono le altre cifre formando così tutti numeri da 10 a 19. Cambiando la base e mettendo 20 il gioco continua.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit-2ZLOUSw7P9rHWkVPpTcF1i65KTiMabDknIyXo8mcJ5nV8ryihRsf1cPmvkyuBxPjP3cjjAWVb1CzOi1x6Jvtphvz7uB60mRyxsnKJd2ucsjZICTqmkYGoPmIMwVACqiono9R0Lf77GK/s1600/1carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="caret-color: rgb(0, 0, 238); clear: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit-2ZLOUSw7P9rHWkVPpTcF1i65KTiMabDknIyXo8mcJ5nV8ryihRsf1cPmvkyuBxPjP3cjjAWVb1CzOi1x6Jvtphvz7uB60mRyxsnKJd2ucsjZICTqmkYGoPmIMwVACqiono9R0Lf77GK/s400/1carte-numeri.JPG" /></a><br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit-2ZLOUSw7P9rHWkVPpTcF1i65KTiMabDknIyXo8mcJ5nV8ryihRsf1cPmvkyuBxPjP3cjjAWVb1CzOi1x6Jvtphvz7uB60mRyxsnKJd2ucsjZICTqmkYGoPmIMwVACqiono9R0Lf77GK/s1600/1carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"></a><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit-2ZLOUSw7P9rHWkVPpTcF1i65KTiMabDknIyXo8mcJ5nV8ryihRsf1cPmvkyuBxPjP3cjjAWVb1CzOi1x6Jvtphvz7uB60mRyxsnKJd2ucsjZICTqmkYGoPmIMwVACqiono9R0Lf77GK/s1600/1carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpA0o7cYLgJhPywU0lxUN_Qxjw5-sTBSAz0VdUwaBDsbtR_ZOoaz0hUXG_2brkf0kBwm6h_UleML3wg82WgHAWxNpuUvHldu0q4rg954I7U02DIyrIsp8LoOkae4RAhayrz09gvSO7pZic/s1600/2carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><br /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjILjhfjLNQskMwSo7JFxDdwtyaRlI6AoMPbcZrjvEXZo7f1uZQkIsgiRbRCRYnI1xJTbe-N2bqesWbngE26rsllXhibys_NrHu4BDqtb8OxqEDpeRv2CyvhyNmnHM_jsm4rE1opXfzE77o/s1600/4carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="caret-color: rgb(0, 0, 238); margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjILjhfjLNQskMwSo7JFxDdwtyaRlI6AoMPbcZrjvEXZo7f1uZQkIsgiRbRCRYnI1xJTbe-N2bqesWbngE26rsllXhibys_NrHu4BDqtb8OxqEDpeRv2CyvhyNmnHM_jsm4rE1opXfzE77o/s400/4carte-numeri.JPG" /></a><br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpA0o7cYLgJhPywU0lxUN_Qxjw5-sTBSAz0VdUwaBDsbtR_ZOoaz0hUXG_2brkf0kBwm6h_UleML3wg82WgHAWxNpuUvHldu0q4rg954I7U02DIyrIsp8LoOkae4RAhayrz09gvSO7pZic/s1600/2carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="caret-color: rgb(0, 0, 238); clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpA0o7cYLgJhPywU0lxUN_Qxjw5-sTBSAz0VdUwaBDsbtR_ZOoaz0hUXG_2brkf0kBwm6h_UleML3wg82WgHAWxNpuUvHldu0q4rg954I7U02DIyrIsp8LoOkae4RAhayrz09gvSO7pZic/s400/2carte-numeri.JPG" /></a><br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy4-AErfrFnRWaltZjtTUlB9nwF88HSdp3JYDTbwMf2IMC1ogXOq3gH9da3VG14s8qxKoKP6YFeuczu2A6SbSp-0ccNvEVf_WQPp5rr2TaUlfCupNuNRC3991snnafED4DsJqxN2aI9eFc/s1600/3carte-numeri.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy4-AErfrFnRWaltZjtTUlB9nwF88HSdp3JYDTbwMf2IMC1ogXOq3gH9da3VG14s8qxKoKP6YFeuczu2A6SbSp-0ccNvEVf_WQPp5rr2TaUlfCupNuNRC3991snnafED4DsJqxN2aI9eFc/s400/3carte-numeri.JPG" /></a><br />
<br />
Non ne spiego l'utilizzo, mi sembra intuitivo... bisogna però pensare a delle piccole situazioni problema interessanti altrimenti anche questo rimane un puro esercizio... magari qualche indovinello può aiutare.<br />
<br />
Una piccola aggiunta: la costruzione di un contatore con il cartoncino.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKjAnOH4zRoGjTaOLwvk8SFJkRx6SrgM2elOVY-DBIQF2erxazFOzAwoI2Ee88YXqY3StCjQyPJZCu3I6DNL7wYX1BFalf680zp3w5eQFxTIpzq1QI2jSgdc_prZ0KnEDfIQnkKXx4Vehk/s1600/contatore+in+cartoncino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="1600" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKjAnOH4zRoGjTaOLwvk8SFJkRx6SrgM2elOVY-DBIQF2erxazFOzAwoI2Ee88YXqY3StCjQyPJZCu3I6DNL7wYX1BFalf680zp3w5eQFxTIpzq1QI2jSgdc_prZ0KnEDfIQnkKXx4Vehk/s640/contatore+in+cartoncino.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
Per lavorare sugli amici del 10 consiglio questo interattivo <b>Ten-Frame</b> in lingua inglese (le strutture linguistiche sono semplicissime e i bambini fanno anche un po' di pratica di L2!)<br />
<a href="https://www.nctm.org/Classroom-Resources/Illuminations/Interactives/Ten-Frame/">https://www.nctm.org/Classroom-Resources/Illuminations/Interactives/Ten-Frame/</a><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn2nzjS61PBXJHYE6kRvp1qIwGq3-lJU7ctXw6ebli4bjykbGg_KHRPs4DIDxE-khC6Hb1wJaZ1RZ-AoKvTzhkdYSUKj2Fanyf6-IuK0gb778YPGo8aekpTq18-qu5Tf0xDn8upU3VgLCs/s1600/ten+frame.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="647" data-original-width="789" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn2nzjS61PBXJHYE6kRvp1qIwGq3-lJU7ctXw6ebli4bjykbGg_KHRPs4DIDxE-khC6Hb1wJaZ1RZ-AoKvTzhkdYSUKj2Fanyf6-IuK0gb778YPGo8aekpTq18-qu5Tf0xDn8upU3VgLCs/s320/ten+frame.png" width="320" /></a></div>
<br />
Per i più piccoli esiste anche il Five-Frame con i numeri fino a 5.<br />
Se volete cercare altri interattivi questo è un sito da esplorare con calma... ecco l'indirizzo della home:<br />
<a href="https://illuminations.nctm.org/">https://illuminations.nctm.org</a><br />
Le attività proposte sono validate dal NCTM (National Council of Teachers of Mathematics) associazione dei matematici americani.<br />
<br />
Altri <i>manipulatives</i> si trovano su questi siti:<br />
<a href="https://www.mathplayground.com/math_manipulatives.html">https://www.mathplayground.com/math_manipulatives.html</a><br />
<a href="https://mste.illinois.edu/resources/">https://mste.illinois.edu/resources/</a><br />
oltre al già nominato <a href="http://www.shodor.org/interactivate/">http://www.shodor.org/interactivate/</a><br />
<a href="https://www.mathlearningcenter.org/resources/apps">https://www.mathlearningcenter.org/resources/apps</a><br />
<br />
Molti di questi <i>manipulatives</i> sono diventati app da scaricare su tablet e smartphone.<br />
Se vogliamo restare sul sistema posizionale troviamo <b>Number pieces</b> che ci ricorda i materiali del gioco del cambio.<br />
Il bambino manipola i pezzi ed esegue i calcoli che gli sono stati assegnati (ha anche un tool per scrivere e annotare, evidenziare...) e poi può condividere il suo lavoro come immagine o con un link.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTfrkiXkwO52R4YOZRJT3qU_XATn3nRsQuJekMvIUFvyOu4S23EvA3ssg_Cfk3Pjm9nx4-kM8TmX9FQ0x_pODi2qVPeOX0TO2nZx5s0OQMnjmk0r0Y-lRKQ2F8I09xbUYQtGerx8t8GbdL/s1600/number+pieces.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTfrkiXkwO52R4YOZRJT3qU_XATn3nRsQuJekMvIUFvyOu4S23EvA3ssg_Cfk3Pjm9nx4-kM8TmX9FQ0x_pODi2qVPeOX0TO2nZx5s0OQMnjmk0r0Y-lRKQ2F8I09xbUYQtGerx8t8GbdL/s320/number+pieces.png" width="320" /></a></div>
<br />
Se fate qualche esperimento... condividetelo scrivendo i vostri commenti o inviandomi i materiali prodotti.<br />
<br />Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-51865347538068517442020-04-11T09:52:00.001-07:002020-04-11T09:54:07.724-07:00Due filmati mitici...Gli alunni della classe quinta della scuola primaria Lauro con la loro insegnante Paola Sgaravatto avevano scoperto il sito NXT Programs e da lì avevano preso spunto per varie attività di robotica con i kit NXT. Ecco come ne raccontano una.<br />
<br />
<br />
"Eccoci pronti per "Le Piazze della Scienza"!!!! (Manifestazione che si teneva in Piazza fatta a Pinerolo nel mese di Aprile)<br />
<br />
Dopo aver insegnato un po' di informatica ai nonni, abbiamo preparato robot e programmi per domenica 3 aprile (2011): come lo scorso anno, andremo in piazza a farli vedere!!!!<br />
<br />
Abbiamo a disposizione 2 fantastici robot:<br />
<br />
- uno tira calci ad una palla rossa, ma se vede quella blu torna indietro...non gli piacciono proprio!!!<br />
Abbiamo trovato le istruzioni nel programma per Lego Mindstorms NXT, anche per la programmazione.<br />
<br />
PallinaRossaBlu (questo filmato non è disponibile)<br />
<br />
- l'altro non è proprio un robot...............è una fantastica chitarra elettrica!!!!!<br />
Abbiamo trovato le istruzioni sul sito Internet "NXT Programs", l'abbiamo costruita abbastanza in fretta ed abbiamo inserito il programma per farla funzionare.<br />
<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwiu2A1m3cUrzWtCcvFOMmuXc0ozgwN1Q1aIaF0uOf3mLrs96-vLgQq9WqDK6jehTyXitvFlbp9TlZn35KnIw' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
<br />
Ed ora....musica!!!<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dxh9LKXdx6jZyJgqgVcZ-cxROIqta7Ho0vPq-4tOGX_aWPs9eZvpGuTM__bz8INIt9-Ud_9uyGRqJH-AXodNQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
Che ne dite?<br />
<br />
<br />Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-17889009357825304382020-03-17T01:35:00.001-07:002020-04-14T11:18:15.427-07:00Creazioni antivirusLa proposta che stiamo portando avanti da alcuni mesi di lavorare sulle <b>creazioni matematiche </b>si sta rivelando in questi giorni "senza scuola" come uno strumento per sviluppare discorsi matematici a partire dalle suggestioni che arrivano dai bambini stessi attraverso i loro prodotti.<br />
Le maestre stanno creando palinsesti su bacheche virtuali come <a href="https://padlet.com/" target="_blank">Padlet</a> per dare una struttura al loro lavoro a distanza e non lasciare soli i bambini e le famiglie.<br />
In queste bacheche le maestre di matematica stanno inserendo anche proposte di creazioni matematiche come punti di partenza per percorsi di senso collegati con le attività di classe che hanno preceduto la chiusura della scuola e danno quindi idealmente continuità a quanto viene proposta ora in forma virtuale.<br />
Alcuni esempi di bacheche:<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLewOii_BlJ-V3H_snIkilLiT3NEiUqtH-54r-S3OPXiFBrFYydoZLkuHMVUxg0svtYiG-6M_1acONA8sZ13uxYgW20ggXmXuDdphfsVFV5FouuvghA7iS7kQMKnz4QfiYjE_iULYtF1Bs/s1600/Schermata+2020-03-17+alle+09.13.13.png" imageanchor="1"><img border="0" height="362" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLewOii_BlJ-V3H_snIkilLiT3NEiUqtH-54r-S3OPXiFBrFYydoZLkuHMVUxg0svtYiG-6M_1acONA8sZ13uxYgW20ggXmXuDdphfsVFV5FouuvghA7iS7kQMKnz4QfiYjE_iULYtF1Bs/s640/Schermata+2020-03-17+alle+09.13.13.png" width="640" /></a><br />
(Ins. Sonia Sorgato MCE Milano)<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZAja0L7TgGxfHca4arg0McSG1hCKaWJOwRUPaA0hpmEkWEtA98wyA2TSEe21tkF-W0J9-DVATTZ6EWF7oi9iEiiwy8s_d7ohkTWugJoZO-9ersMkymnPkChj-_FrSLwg3T4MGvLtWZj7p/s1600/Schermata+2020-03-17+alle+09.13.29.png" imageanchor="1"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZAja0L7TgGxfHca4arg0McSG1hCKaWJOwRUPaA0hpmEkWEtA98wyA2TSEe21tkF-W0J9-DVATTZ6EWF7oi9iEiiwy8s_d7ohkTWugJoZO-9ersMkymnPkChj-_FrSLwg3T4MGvLtWZj7p/s640/Schermata+2020-03-17+alle+09.13.29.png" width="640" /></a><br />
(Ins. Valeria Perotti MCE Piacenza)<br />
<br />
Un aspetto importante su cui lavorare è la creazione del palinsesto settimanale cioè su come si possono integrare le proposte che arrivano da tutti gli insegnanti per dare loro coerenza.<br />
E vediamo allora il piano di lavoro settimanale individualizzato di Freinet a Vence:<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT6Wqb9W21Ktn3Y0ZJEvzOXCajDe3vKbnDQC297VszyVWqsL6ty28OIbXTOiL4sU8Gc_CylteCP8QlMMtIPFaCE7n9xthtrkuWpWnpAmQ1KBcesEU_MDLPEH_ya15kwmqM9iIemkT77s2M/s1600/piano+di+lavoro+freinet.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT6Wqb9W21Ktn3Y0ZJEvzOXCajDe3vKbnDQC297VszyVWqsL6ty28OIbXTOiL4sU8Gc_CylteCP8QlMMtIPFaCE7n9xthtrkuWpWnpAmQ1KBcesEU_MDLPEH_ya15kwmqM9iIemkT77s2M/s1600/piano+di+lavoro+freinet.png" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Figura 1</td></tr>
</tbody></table>
L'alunno a mano a mano che procedeva nel lavoro programmato anneriva la casellina corrispondente e il grafico con le valutazioni aiutava a prendere coscienza del proprio percorso personale, dei propri punti di forza e dei propri punti deboli.<br />
Sulla nostra rivista <a href="https://www.erickson.it/it/cooperazione-educativa?default-group=riviste" target="_blank">Cooperazione Educativa </a>dal 2020 prendono il via degli articoli presentano le varie tecniche Freinet alla luce del mondo attuale. Nel n. 1 troviamo un articolo di Enrico Bottero che entra nel merito di alcune di esse (l'immagine è presa dalla rivista).<br />
"<span style="font-family: "freighttextprolight";">Lo strumento principale utilizzato da Freinet è il piano di lavoro individualizzato (figura 1). A partire da un programma generale delle attività definito dall’insegnante, l’allievo sceglie un suo piano </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">di lavoro. Nel piano l’allievo si impegna a svolgere una o più attività con obiettivi definiti entro un certo tempo (in genere, una </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">o due settimane). Naturalmente </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">è necessario organizzare gli </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">spazi e mettere a disposizione</span><br />
<div class="page" title="Page 57">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<span style="font-family: "freighttextprolight";">gli strumenti necessari. Va anche individuato un momento specifico della giornata o della settimana da dedicare al piano. [...] </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">«Il lavoro individualizzato ha senso solo se integrato con la vita sociale e cooperativa» scrive Célestin Freinet. Il ragazzo può dunque </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">chiedere l’aiuto di un compagno. Questo aiuto può anche essere strutturato come attività specifica. In questo caso ogni ragazzo ha un </span><span style="font-family: "freighttextprolight"; font-style: italic;">tutor </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">scelto tra i suoi compagni, </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">anche di altre classi. Il tutorato costituisce un impegno per entrambi.</span><br />
<div class="page" title="Page 58">
<div class="layoutArea">
<div class="column">
<span style="font-family: "freighttextprolight";">Al termine del periodo stabilito, con l’aiuto dell’insegnante ogni allievo si autovaluta utilizzando la scheda del piano definita in fase iniziale. Per ogni attività </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">è formulata una valutazione secondo una scala informale: male, passabile, abbastanza bene, bene, molto bene. A fine settimana si costruisce un grafico che unisce i livelli raggiunti in ciascuna attività. Secondo Freinet, questa modalità servirebbe a evitare il senso di giudizio definitivo che porta con </span><span style="font-family: "freighttextprolight";">sé un voto. " (E. Bottero su Cooperazione educativa n. 1 2020 pp- 57-58)</span><br />
<span style="font-family: "freighttextprolight";">Il MCE ha anche creato un blog in cui raccogliere le diverse proposte e iniziative delle scuole che si chiama "<a href="https://senzascuola.wordpress.com/" target="_blank">Senzascuola</a>". Visitatelo e mandateci i vostri commenti.</span><br />
<span style="font-family: "freighttextprolight";"><br /></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbAGURjrfUmiAk-R7BcoTeg-YeZ8Dn1LgjhWFNKcAdFTp_QdWmVStDjrwoPj4hw_4MVe4lnzN4Weirn2g1LPEQhcgNqMS8CTwY9qwFNfoXxMvLF8jj2xoI9rT5sjjUHe-u3w3y3flA5b2d/s1600/senza+scuola.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="873" data-original-width="843" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbAGURjrfUmiAk-R7BcoTeg-YeZ8Dn1LgjhWFNKcAdFTp_QdWmVStDjrwoPj4hw_4MVe4lnzN4Weirn2g1LPEQhcgNqMS8CTwY9qwFNfoXxMvLF8jj2xoI9rT5sjjUHe-u3w3y3flA5b2d/s320/senza+scuola.png" width="309" /></a></div>
<span style="font-family: "freighttextprolight";"><br /></span></div>
</div>
</div>
</div>
</div>
</div>
Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-47132065517752442892020-02-10T01:17:00.003-08:002020-02-10T01:17:55.394-08:00La logica del giusto/sbagliatoHo appena terminato di commentare un lavoro svolto da un'insegnante che mi ha fatto riflettere su quanto sia inevitabile fare un salto di qualità nel nostro modo di insegnare mettendo da parte definitivamente la logica del giusto/sbagliato, soprattutto in matematica. Ciò che a me dopo più di trent'anni di lavoro con questa modalità risulta spontaneo, non è invece scontato per tanti altri. Bisogna lavorare su di noi, sia sulla nostra concezione della matematica sia sui nostri metodi di insegnamento.<br />
Nel Manifesto della matematica <a href="http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/manifesto-sullinsegnamento-della-matematica/">http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/manifesto-sullinsegnamento-della-matematica/</a> (redatto con alcuni compagni del MCE e in fase di revisione per giungere ad una versione più sintetica e più condivisa) abbiamo messo in evidenza come questa logica vada abbandonata, come l'errore sia un'occasione di imparare e un passaggio inevitabile per chi è in formazione sia esso insegnante o allievo.<br />
Ma serve un metodo per gestire l'errore. Io lo trovo nel proporre la discussione matematica come punto centrale di ogni percorso. Sono curiosa di conoscere gli errori più delle risposte corrette perché sono questi che mi permettono di creare dibattito facendo emergere conflitti cognitivi tra gli allievi per trovare poi insieme a loro la strada per uscirne.<br />
Io penso di avere imparato a gestire una discussione avendo come guida il lavoro di Bartolini Bussi &C "Interazione sociale e conoscenza a scuola" <a href="https://www.comune.modena.it/memo/prodotti-editoriali/saperi-e-discipline/interazione-sociale-e-conoscenza-a-scuola-la-discussione-matematica">https://www.comune.modena.it/memo/prodotti-editoriali/saperi-e-discipline/interazione-sociale-e-conoscenza-a-scuola-la-discussione-matematica</a><br />
Ma anche per aver passato molto tempo a registrare e a sbobinare discussioni riflettendo poi con altri insegnanti e con esperti su quali fossero i punti critici, sulle domande che avevo trascurato di fare, su come avrei potuto fare meglio. Ben sapendo che non esiste la discussione perfetta ma disponendo di un materiale scritto su cui tornare a riflettere mi sembra che sia molto più facile accorgersi dei propri errori e tornare indietro, recuperando le cose che non abbiamo colto, nel momento dell'azione in classe, con rilanci successivi. Riascoltarsi è utilissimo e fa imparare. Discuterne con altri fa imparare ancora di più.Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-1785515012814884562020-01-08T05:18:00.005-08:002020-01-08T05:18:58.108-08:00L'adozione alternativa al libro di testoUno dei 4 passi per il cambiamento della scuola lanciati dal Movimento di Cooperazione Educativa, di cui faccio parte, riguarda l'adozione alternativa. Ho fatto per anni l'adozione alternativa ma poi sono capitata in una scuola in cui l'adozione era stata abbandonata perché, dicevano gli insegnanti soprattutto di italiano, avevano già la biblioteca piena di libri e quindi non serviva più ed era sempre più complicata la procedura da seguire ecc. In realtà nel frattempo era anche cambiata la classe insegnante, certi entusiasmi che noi abbiamo vissuto e che ci hanno motivati per tutta la nostra carriera erano quasi del tutto spariti. Era subentrata, secondo me, una certa stanchezza, la mancanza di motivazioni per lottare, andare contro corrente che invece un tempo erano la regola anche a costo di essere etichettati come insegnanti politicizzati (comunisti, di solito...).<br />
<br />
Anche io sono cambiata e sono diventata autrice di libri di testo con l'idea folle di riuscire a far passare nella scuola qualche contenuto innovativo anche attraverso questo strumento. Purtroppo la logica del mercato editoriale è diversa da quella che anima noi insegnanti che vorremmo essere considerati "innovatori", perché l'innovazione riguarda sempre una minoranza, spaventa i più e soprattutto non vende. A meno che si tratti di porre strumenti che evitino agli insegnanti di pensare e di spendere tempo per la progettazione didattica. Nella mia esperienza di formatore la maggioranza degli insegnanti che incontro purtroppo fanno parte di questa categoria: vogliono il lavoro pronto da portare in classe il giorno dopo, magari già corredato di materiale didattico. Per avere questo sono disposte anche a spendere... questo è "ciò che vende", quindi.<br />
<br />
Per fortuna esiste anche la minoranza... quella attenta e desiderosa di imparare e pronta a modificare il proprio metodo di insegnamento anche se costa fatica. Su questi io faccio affidamento pur nella consapevolezza che il loro impegno e il loro lavoro sono una goccia nel mare...<br />
La scuola pubblica però in cui tutti noi crediamo sta andando abbastanza a rotoli in generale e stanno fiorendo le scuole private, non più solo confessionali ma anche parentali, green e così via... su questa moda ho molte perplessità ma non sono abbastanza informata per esprimere delle opinioni.<br />
<br />
Torniamo quindi all'adozione alternativa.<br />
Secondo me è importante confrontarsi su questo punto in un momento in cui sia l'offerta online sia quella cartacea sta prendendo direzioni molto variegate che alla fine creano molta confusione proprio negli insegnanti.<br />
Ciò che mi preoccupa nel proporre ora l’adozione alternativa è la pratica didattica di cui ha bisogno e su cui secondo me mancano dei riferimenti soprattutto per quando riguarda le discipline scientifiche come la matematica. Non adottiamo il libro di testo e poi ci affidiamo ad eserciziari, fotocopie di schede scaricate da internet, pagine Facebook che suggeriscono materiali e ricette (non tutte da scartare, naturalmente), monografie magari bellissime ma inutilizzabili nel lavoro quotidiano perché i bambini non sono in grado di gestire questo tipo di materiale oppure molto più semplicemente perché aumentano il carico di lavoro dell’insegnante?<br />
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Se qualcuno mi fa degli esempi concreti di<b><span style="color: red;"> come utilizza una biblioteca scientifica in classe</span></b> possiamo forse trovare nuove modalità che io sinceramente faccio fatica a individuare. Quando gli insegnanti mi dicono che adottano il libro di testo perché sono obbligate (da chi? dai colleghi? dal dirigente?) ma tanto non lo usano o fanno solo fare gli esercizi e poi vedo un quaderno pieno di fotocopie di pagine di Wikipedia che sostanzialmente ripetono ciò che sta scritto nella maggior parte dei sussidiari, mi viene da piangere.<br />
Oppure diciamo che l’adozione alternativa, come è sempre stato nella realtà dei fatti, serve solo agli insegnanti di italiano, per avere dei bei libri da mettere in mano ai bambini. Già questo sarebbe un buon motivo, a mio avviso, per non adottare il libro di testo unico e spendere bene i soldi dei contribuenti. Ma forse uno sguardo anche al resto delle discipline non guasterebbe, soprattutto in un momento in cui dilagano le proposte che arrivano dal web e scegliere implica coerenza e soprattutto competenza disciplinare.<br />
Chi ha idee ed esperienze le condivida inserendo il suo commento a questo post.<br />
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Forse, a chi si pone il problema, interesserà partecipare al<br />
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<h5 style="border: 0px; color: #444444; font-family: ubuntu, arial, sans-serif; font-size: 20px; font-stretch: inherit; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 14px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
SEMINARIO</h5>
<h3 style="border: 0px; color: #444444; font-family: ubuntu, arial, sans-serif; font-size: 28px; font-stretch: inherit; font-weight: 400; letter-spacing: -0.5px; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 14px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: 600; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="border: 0px; color: red; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ADOZIONE DI LIBRI E STRUMENTI</span></span><br /><span style="border: 0px; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: 600; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="border: 0px; color: red; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ALTERNATIVI AL TESTO UNICO</span></span></h3>
<div>
<span style="border: 0px; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: 600; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="border: 0px; color: red; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-weight: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><h5 style="border: 0px; color: #444444; font-family: ubuntu, arial, sans-serif; font-size: 20px; font-stretch: inherit; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 14px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
PADOVA, sabato 4 aprile 2020</h5>
<div style="caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-weight: normal; text-align: center;">
<b>(luogo da definire)</b></div>
<div style="caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; font-weight: normal; text-align: center;">
<b><br /></b></div>
</span></span></div>
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<span style="border: 0px; font-family: inherit; font-size: inherit; font-stretch: inherit; font-style: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">promosso dal gruppo di ricerca del MCE che si occupa di questo problema. Informazioni più dettagliate sul sito del Movimento </span></div>
<a href="http://www.mce-fimem.it/evento/adozione-di-libri-e-strumenti-alternativi-al-testo-unico/">http://www.mce-fimem.it/evento/adozione-di-libri-e-strumenti-alternativi-al-testo-unico/</a>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-77111224320268001702019-11-24T23:14:00.003-08:002019-11-24T23:14:48.218-08:00Il semaforo degli insegnanti<div style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; line-height: normal;">
Per produrre cambiamenti nella scuola è necessario avere la carica, cioè un po’ di entusiasmo, per non dire passione, per il proprio lavoro. Purtroppo però alla prova dei fatti di solito non basta. Queste riflessioni sono scaturite dalla mia frequentazione dei gruppi su Facebook dove si discute sull’eliminazione dei voti numerici, cosa che mi trova assolutamente d’accordo. La campagna “Voti a perdere” che abbiamo rilanciato dal sito del Movimento di Cooperazione Educativa in concomitanza con il convegno “Non sono un voto” di Milano deve procedere ma rappresenta solo un primo inevitabile e indispensabile passo. Sappiamo tutti che non basta eliminare i voti. Bisogna contemporaneamente ricostruire la propria professionalità e le proprie competenze per essere insegnanti “efficaci” in una società in continuo mutamento.<br />
I voti sono sicuramente un problema da affrontare ma non penso che questo sia “il problema”... ritrovarsi intorno a uno slogan aiuta a cercare uguaglianze di pensiero ma il duro lavoro di progettare e ri-progettare ogni giorno ciò che si deve proporre ai nostri alunni richiede non solo empatia e passione ma anche conoscenze disciplinari che, purtroppo, come sto sperimentando di persona in varie situazioni (dai corsi di formazione alle attività con studenti di scienze della formazione, fino alla frequentazione di gruppi su Facebook) non solo mancano in gran parte ma sono spesso ferme a ciò che ognuno ha imparato ai suoi tempi a scuola.... e sono pochi coloro che dicono che per migliorare la scuola bisogna partire dallo studio, dall’approfondire le nostre conoscenze come insegnanti, da adulti.<br />
Condividiamo il “non mettere i voti” ma “come gestiamo la costruzione di conoscenza in classe” anche questo deve essere oggetto di riflessione. </div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; line-height: normal;">
Nel Movimento di Cooperazione Educativa si studia da tempo il problema della valutazione e tra le recenti esperienze di ricerca di strumenti alternativi ecco spuntare il semaforo. Anche nella mia esperienza come insegnante ricercatrice in matematica ho da tempo adottato questa tecnica, non per dare voti ma semplicemente per classificare le risposte degli allievi e ricavarne indicazioni utili per la ricerca in atto. Ad esempio l’anno scorso, abbiamo utilizzato questo sistema per le prove che abbiamo proposto sul tema molto complesso delle frazioni. Mentre decidevo il colore da attribuire alle risposte mi sono accorta che non era così semplice attribuirne uno al posto di un altro e che in ogni caso la scelta era del tutto soggettiva. Non facevo quasi mai questo lavoro da sola perché se ne discuteva con i colleghi e ci si accorgeva come le interpretazioni delle risposte fossero sempre condizionate dal personale punto di vista del sapere in gioco, dalle aspettative e dai sensi personali. Un lavoro quindi non facile ma in questo caso, essendo la valutazione utilizzata per scopi di ricerca, non mi sono posta problemi.<br />
Le cose secondo me si complicano se lo stesso metodo si utilizza per comunicare ad allievi e famiglie i risultati ottenuti a scuola in tutte le discipline. Chi mi spiega come si fa a decidere di che colore è il semaforo di un bambino rispetto ad un obiettivo? Si decide a sentimento o si elaborano prima dei criteri? Penso ad esempio alle rubriche valutative che entrano nel merito degli obiettivi definiti per ogni percorso di apprendimento e che invece di 3 individuano 4 livelli definendo però per ciascuno di essi il tipo di prestazione attesa. La questione non è se un semaforo con 4 colori possa essere più o meno adeguato di uno a 3 colori, ma ciò su cui occorre una riflessione a mio avviso è su “come” attribuisco i colori, su che tipo di prestazione considero rossa, gialla o verde. Qui siamo tutti in difficoltà a cominciare da cosa scrivere a sinistra del semaforo.... Ma ciò che mi preme sottolineare é che dietro il raggiungimento di un obiettivo c’è un percorso didattico predisposto da un insegnante, percorso che riassume idee, conoscenze, capacità di questa persona... Mi capita ogni giorno nel mio lavoro di formatrice di incontrare insegnanti e di lavorare con loro sulla didattica: la difficoltà più grossa che incontro è far produrre una progettazione didattica coerente non solo con la disciplina ma anche con la situazione di partenza dei bambini. E farla mettere per scritto è quasi sempre un’impresa. Quindi mi chiedo: senza una progettazione didattica “pensata” come è possibile realizzare un insegnamento efficace? E in mancanza di un insegnamento efficace chi può dire se un bambino meriti veramente un rosso, un giallo o un verde?<br />
Ciò che voglio dire è che la valutazione è solo il momento finale mentre ciò che serve veramente è un “percorso a ritroso” per cui se decidiamo di usare un semaforo, o qualsiasi altro sistema, dobbiamo contemporaneamente porci il problema del “prima”, del come abbiamo condotto i nostri allievi a costruire quelle conoscenze, a raggiungere quegli obiettivi che vogliamo valutare. Non si parte dalla fine... ma dall’inizio, da un semaforo che valuti noi insegnanti, la nostra capacità di costruire cultura con metodi e percorsi nuovi, che tengano conto dei bambini, della realtà in cui vivono, che li coinvolgano veramente perché i bambini hanno voglia di imparare e il “come” è ciò che fa amare o odiare la scuola.<br />
Ognuno di noi deve sentirsi impegnato nel combattere l’ignoranza. Non dare più il voto ed essere più attenti alle individualità può rivoluzionare la scuola, ma può aiutare a combattere l’ignoranza? Senza far ricorso alle solite citazioni di Don Milani ecc. la sostanza è racchiusa nella parola “emancipazione”. Come si può produrre emancipazione senza combattere l’ignoranza, senza dare strumenti culturali reali?</div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-stretch: normal; line-height: normal;">
Se ci ritroviamo nel non dare più il voto cerchiamo anche di costruire un'alternativa reale rispetto a come si insegnano matematica, italiano, scienze, storia e geografia. Costruiamo una rete di insegnanti che si vogliono appropriare della conoscenza non solo di un “metodo”. Il nostro semaforo in questo momento è verde, giallo o rosso?</div>
Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-68326506995760526582018-12-20T06:00:00.005-08:002018-12-20T06:09:25.775-08:00I bambini e i numeriPubblico qui la mappa di Karen Fuson sull'uso delle parole-numero dei bambini. Nei miei corsi sul numero vi faccio spesso riferimento e quindi tempo fa ho chiesto a un'insegnante di scuola dell'infanzia di tradurla. Sono stata accontentata... L'insegnante si chiama Stefania Di Benedetto e insegna a Tarcento dove da diversi anni con Anna Aiolfi portiamo avanti un percorso formativo sulla matematica che ha fatto cambiare molto il modo di approcciarsi al numero di questi insegnanti di scuola dell'infanzia. L'anno scorso abbiamo concluso il lavoro con un <a href="http://www.mce-fimem.it/non-e-solo-questione-di-numeri/" target="_blank">convegno a Udine</a> dove gli insegnanti hanno potuto raccontare le loro esperienze didattiche dell'ultimo anno nel corso "Non è solo questione di numeri".<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGHAyieqsBsXvvZ7GoT7TUDxGSOuhuS7ZG1O2zU6vT1J9iSuyK1fUxCNNg0k6eKHGW9HWnToNmxLLcfBz4nGcyNQb5z5M5mkNB7dOwZyVtWbliGbGPDNUtW2gwQszgqIdUwRyfEkyvEhUT/s1600/mappa+fuson.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1130" data-original-width="1600" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGHAyieqsBsXvvZ7GoT7TUDxGSOuhuS7ZG1O2zU6vT1J9iSuyK1fUxCNNg0k6eKHGW9HWnToNmxLLcfBz4nGcyNQb5z5M5mkNB7dOwZyVtWbliGbGPDNUtW2gwQszgqIdUwRyfEkyvEhUT/s400/mappa+fuson.png" width="400" /></a></div>
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La mappa ci mostra come sia ricca la conoscenza numerica dei bambini già a pochi anni di età e come si sviluppi in seguito. Inizialmente i diversi aspetti sono contestualizzati e quindi legati ad esperienze concrete, farli diventare conoscenze matematiche astratte applicabili a qualsiasi situazione è compito della scuola che dovrebbe mettere in evidenza le connessioni tra i diversi significati e la differenza tra i vari insiemi numerici che utilizziamo nella vita di ogni giorno (naturali, razionali, reali...). Un discorso da approfondire.Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-1520220746443312962018-10-08T01:34:00.001-07:002018-11-29T09:02:40.045-08:00La casetta: consigli per l'uso<br />
<br />
Riporto qui una serie di riflessioni sull'attività della casetta da proporre in classe prima (e volendo già nella scuola dell'infanzia) finalizzata a due obiettivi importanti del curriculum di geometria: la strutturazione dello spazio facendo riempimento al proprio corpo e il riconoscimento delle forme che costituiscono la struttura di un solido simile ad un poliedro.<br />
<br />
L'attività è presente fra le attività di <a href="http://www.umi-ciim.it/wp-content/uploads/2013/10/mat2001.zip" target="_blank">Matematica 2001</a> nella parte relativa al nucleo "Spazio e figure".<br />
<div>
Qui trovate anche la mappa con una proposta concreta per organizzare le attività in classe.</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipZtydfqEf4kNd5Foo7gSTMNg2WFrV0Hgad3r_MMrp0yz4iV80pd9Hcl0c8sqsPt9OmV_MjkY3oanMOGE-RsS_-jOL8R0_7AanvbzC722E4aoSEz7oblCxst9g6JZeFtisHKVLO0Gm3MAE/s1600/La+casetta+-+Qual+e%25CC%2580+il+percorso+didattico.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1110" data-original-width="1600" height="275" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipZtydfqEf4kNd5Foo7gSTMNg2WFrV0Hgad3r_MMrp0yz4iV80pd9Hcl0c8sqsPt9OmV_MjkY3oanMOGE-RsS_-jOL8R0_7AanvbzC722E4aoSEz7oblCxst9g6JZeFtisHKVLO0Gm3MAE/s400/La+casetta+-+Qual+e%25CC%2580+il+percorso+didattico.jpg" width="400" /></a></div>
<div>
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<b>"La casetta" ovvero "Come gestire il rapporto con gli oggetti esterni"</b><br />
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In prima elementare le attività sullo spazio non possono prescindere dalle problematiche relative alla padronanza dello schema corporeo, ma non bisogna nemmeno pensare che le difficoltà siano risolte tutte in questa classe. Vediamo le cose con ordine.<br />
<br />
Già alla scuola materna viene suggerito un lavoro-gioco in cui i bambini si rapportano con una casetta che può essere 'vissuta' perché costruita a loro misura. Ciò permette una relazione oggetto-persona che fa risaltare e rendere espliciti molti più o meno consci concetti di oggettivazione della realtà a partire dal riferimento alle parti del proprio corpo per individuare quelle della casetta che viene quindi, in un certo senso, personificata. Questo processo di trasferimento dei riferimenti spaziali dal corpo agli oggetti continua anche alla scuola primaria in modo particolare per la coppia destra/sinistra. Il problema di distinguere le due parti persiste per molti bambini fin verso gli otto anni. Inizialmente essi hanno un senso della destra e della sinistra per così dire 'locale', collegato con l'uso delle mani, non riconoscono una parte destra e sinistra del loro corpo come parti simmetriche se non facendo riferimento alla zona in cui agisce la mano destra o sinistra, lo si capisce anche dai gesti che fanno. Ad esempio possono indicare una svolta a sinistra con la mano destra e dire che si svolta a destra. <br />
<br />
La casetta è un oggetto esterno costruito a misura del bambino che può quindi viverlo sia dall'esterno che dall'interno, ha un suo 'davanti' e quindi su di essa i bambini possono proiettare in primo luogo il proprio 'davanti' e poi tutto il proprio schema corporeo; se vanno dentro la casetta e guardano la porta, cioè il davanti della casetta, e poi dalle finestre laterali fanno uscire le loro braccia, i due schemi combaciano. Anche la casetta ha un davanti, un dietro, una sinistra e una destra, un sopra e un sotto (da non confondere con alto/basso), non rispetto a chi guarda, ma rispetto a se stessa. I cartellini che si possono mettere sul corpo del bambino per traslazione vanno anche a finire sulla casetta, se il bambino si orienta come abbiamo detto prima. <br />
<br />
Quando il bambino guarda la casetta da fuori mentalmente deve ricostruire questo trasferimento per ritrovare le sei parti; quindi o assume lo stesso orientamento della casetta o, se si mette di fronte, compie mentalmente una rotazione per collocare destra e sinistra al posto giusto. È la stessa operazione che si deve fare per riconoscere la destra e la sinistra del compagno che sta di fronte. Essendo la casetta un oggetto in cui si può materialmente entrare per fare questo accoppiamento tra le parti del corpo e quelle dell'oggetto, diventa poi più semplice capire la rotazione quando ci si trova all'esterno. <br />
<br />
Mentre eseguono questo lavoro i bambini imparano anche a distinguere destra e sinistra su di sé usando vari accorgimenti: la mano con cui operano di solito per scrivere, mangiare ecc. è la destra (se non sono mancini), quindi cominciano mentalmente a fare riferimento a queste azioni per ricordare.<br />
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<b>Emergono le forme</b><br />
<br />
L'attività con la casetta, però, non permette solamente di sviluppare il discorso dello schema corporeo e del suo trasferimento sugli oggetti e, d'altra parte, non tutti gli oggetti hanno un orientamento riconoscibile come la casetta. Per comprendere e descrivere la realtà si deve entrare dentro la geometria e cominciare a parlare di forme.<br />
<br />
Fin dalla scuola materna, i bambini, nel momento in cui osservano e rappresentano la casetta sono quasi indotti dall’insegnante a fare discorsi di forma perché l'oggetto che hanno davanti è generalmente un poliedro con facce piane: che forma hanno le sei parti della casetta? come faccio a riconoscerle? che caratteristiche hanno? sono uguali fra di loro? Molto probabile quindi che i bambini parlino spontaneamente di rettangoli, triangoli, quadrati... forme di cui conoscono il nome e le caratteristiche percettive più evidenti: queste sono espresse con un linguaggio derivante dal confronto di grandezze (più lungo di, più corto di, più grande di, più piccolo di), dalla presenza di 'punte', dalla linearità dei bordi che possono percorrere con un dito per distinguere le varie parti segnandone i confini visibili. Danno quindi l’impressione di avere già competenze ‘geometriche’.<br />
<br />
Il passaggio vero alla geometria però avviene solo quando si collega il piano percettivo con quello concettuale, nel momento in cui si riescono ad astrarre le forme di quadrato, rettangolo... non in quanto 'oggetti concreti' ma in quanto immagini mentali che possano essere condivise da tutti. L'immagine riprodotta nella mente perde la consistenza dell'oggetto ma mantiene la struttura e le relazioni fra le parti, in queste immagini ci sono degli invarianti da astrarre: le proprietà di quadrato, rettangolo ecc. lati uguali e non uguali, angoli retti, simmetrie e non simmetrie... <br />
<br />
Gli insegnanti di solito, nel momento in cui gli allievi introducono una terminologia che richiama il confronto di grandezze, indirizzano il discorso verso la misura trascurando gli aspetti geometrici del problema che potrebbero svilupparsi spontaneamente da una semplice riflessione sulle azioni che si compiono per disegnare o per ricostruire la casetta con un cartoncino. I bambini infatti, a fronte di queste richieste, si ingegnano a ‘far combaciare’ parti per incollarle, a 'sovrapporre’ forme ritagliate per farle 'uguali', compiono di fatto dei ‘trasporti rigidi’. Sotto il trasporto rigido c'è l'idea di congruenza che può essere il vero punto di partenza per fare geometria anche nelle prime classi della scuola primaria. Mettere in luce le trasformazioni geometriche incorporate in gesti comuni, non solo le isometrie (simmetria, rotazione, traslazione) ma anche le similitudini, costituisce la base di una importante presa di coscienza.<br />
<br />
L'attività con la casetta ci offre il contesto adatto per capire a che punto stanno gli allievi rispetto a molti concetti geometrici, in particolare rispetto a quelle ‘forme’ che accostano ad un ‘nome’ e che ben difficilmente hanno concettualizzato con tutte le loro proprietà.<br />
<br />
Potrebbe essere questo il lavoro da sviluppare nella scuola primaria quando si chiede agli allievi di ricostruire la casetta a partire, appunto, dalle forme che la costituiscono. È probabile che mettendo insieme quadrati, rettangoli, triangoli arrivino anche a vederne lo sviluppo piano …. e allora entrino davvero nella geometria.<br />
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<b>La casetta disegnata</b><br />
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La rappresentazione con il disegno offre altri spunti interessanti.<br />
<br />
Come riprodurre su un piano una forma tridimensionale? Quali problemi devono affrontare i bambini? Quali strumenti concettuali hanno a disposizione per farlo?<br />
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A quest’età è difficile che il disegno sia una riproduzione perfetta di ciò che vedono, ammettendo che abbiano gli strumenti per farlo. La richiesta di disegnare la casetta però può essere meno generica se si chiede loro di fare un disegno che faccia capire bene come è fatta. Avendo sviluppato precedentemente il discorso delle forme è possibile che i bambini cerchino delle strategie per far vedere anche ciò che da un unico punto di vista non sarebbe visibile. Un po’ alla Picasso e un po’ per imitazione di immagini viste.<br />
<br />
Di solito alcuni disegnano le quattro pareti ribaltate o raggruppate sotto un tetto unico per farle stare tutte, altri le fanno tutte separate senza badare alle congruenze, altri invece tentano già di ‘svilupparle’ sul piano. Dal confronto fra le diverse rappresentazioni nascono molte discussioni e tutti insieme si cerca di trovare un modo chiaro per comunicare come è fatta la casetta in modo che altri possano riprodurla. <br />
<br />
I disegni possono anche esser ritagliati e ricostruendo la tridimensionalità ci si accorge degli errori: manca una parte, non c’è il pavimento, la destra non si attacca bene al davanti... nascono le domande e si cercano le soluzioni.<br />
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Alla fine i bambini son pronti per produrre una ricetta che consenta di costruire ‘bene’ la casetta.<br />
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<b>La casetta con GeoGebra</b><br />
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Il modo più semplice per introdurre GeoGebra con bambini molto piccoli è chiedere loro di fare un disegno. In questo modo con poche istruzioni date dall’insegnante i bambini riescono a fare punti, unirli con segmenti, costruire poligoni e cerchi. Ma usare GeoGebra non è come usare un programma di disegno.<br />
<br />
I disegni della casetta fatti con GeoGebra hanno una caratteristica fondamentale: trascinando i punti la casetta cambia, non è più la stessa, si trasforma in infinite casette diverse. Cosa rimane allora del disegno iniziale? I punti e i segmenti, le forme. Ma i punti si spostano, i segmenti si allungano e si accorciano, le forme si modificano un po’.<br />
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Come comunicare questi cambiamenti?<br />
<br />
Diventa importante costruire un linguaggio comune per spiegare che cosa è successo e in modo molto naturale si incominciano ad usare alcune parole della geometria che fanno anche parte del linguaggio comune, ma in questa fase sono puri nomi, dietro non ci sono ancora vere concettualizzazioni.<br />
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“Ho spostato questo punto e il tetto è diventato più alto.”<br />
<br />
“La parete è diventata più lunga perché questa linea è come un elastico... ma ora non è più un rettangolo, ha una forma strana.”<br />
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“Però il mio tetto è sempre fatto da tre linee.”<br />
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Piano piano emergono anche i primi invarianti: i triangoli restano triangoli anche se allungo e accorcio i loro lati. Più difficile dire che cosa succede ai quadrilateri, anche perché questa parola non fa parte del vocabolario comune dei bambini. Si può dire che la parete aveva una forma rettangolare e che spostando un punto non è più tale. Ma forse non lo era nemmeno prima perché per ‘essere rettangolare’ doveva avere certe caratteristiche.<br />
<br />
Il discorso delle forme si fa più complesso e nasce l’esigenza di definirle in base a tutte le loro caratteristiche. I tentativi che fanno i bambini con GeoGebra di ‘rettangolizzare’ i quadrilateri sono molto interessanti. Tutto è fatto ad occhio o, se qualcuno scopre lo strumento misura, misura i lati fino a trovare misure uguali dove devono esserlo. <br />
<br />
Fatto questo, manca ancora l’angolo retto... per cui bisogna avere in mano la perpendicolarità come ulteriore concetto di base. Se inizialmente si usa la griglia quadrettata non esiste il problema, ma se la griglia scompare e il ‘rettangolo’ non è stato costruito come si deve, basta spostare un punto e la forma si perde.<br />
<br />
La griglia offre perpendicolarità e parallelismo in automatico e quindi farebbe bypassare il problema. L’insegnante può sfruttare questo fatto per portare avanti, inizialmente fuori da GeoGebra, tornando quindi alla realtà, i discorsi su angolo retto e rette perpendicolari che sono naturalmente intrecciati.<br />
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Per arrivare a costruire veramente le forme i bambini devono possedere qualche concetto geometrico in più. Ma intanto abbiamo evidenziato un problema non da poco: disegnare non è costruire. E questo è il primo problema da affrontare anche con gli adulti che iniziano ad usare GeoGebra. Il test del trascinamento dei punti è uno strumento di controllo che i bambini devono imparare ad usare bene fin dall’inizio.</div>
Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-44919389049438735472017-10-11T05:18:00.001-07:002017-10-11T05:24:57.615-07:00Nuovi percorsi formativiQualche volta penso che far capire come sia possibile cambiare il modo di fare matematica sia un'impresa impossibile. Preparo interventi teorici, propongo laboratori, seguo le sperimentazioni in classe, commento i lavori che mi mandano gli insegnanti passando a volte ore intere per trovare il modo giusto di dire una cosa... Una fatica immane! Mi chiedo se qualcuno capisce che cosa cerco di fare. Fare formazione in questo modo è veramente complicato. Meglio andare in una scuola, fare una rapida conferenza raccontando cose bellissime ma non replicabili e poi andarsene a casa.<br />
Ma allora che siamo "maestre" a fare? Bisogna trovare la strada, il modo di farsi intendere... ci vuole anche un po' di cocciutaggine.<br />
In ogni caso sono convinta che ci sia qualcosa nel DNA delle persone che consente di entrare in sintonia con un certo modo di fare scuola e "obbliga" in un certo senso a non accettare altre modalità, forse più facili, magari anche più appariscenti, ma sicuramente meno efficaci.<br />
Sull'inefficacia delle attuali pratiche didattiche è facile andare d'accordo. Gli insegnanti delle elementari si lamentano di quelli dell'infanzia, quelli delle medie di quelli delle elementari.... e così via. Mai nessuno che dica: dunque, se gli allievi mi arrivano così che cosa posso fare "io"?<br />
E tutta la prosopopea sul curriculum che nessuno sa come fare, l'accento sulle competenze che nessuno sa cosa siano.... e poi che vorrà mai dire "progettare per competenze", "valutare per competenze"...<br />
Se almeno tra tutti coloro che elaborano meravigliosi curricoli, ci fosse uno che si rende conto dell'inutilità di mettere nero su bianco parole che non hanno nessun significato se dietro non c'è un impegno personale per renderle attuabili ....e avesse anche il coraggio di dirlo.<br />
A che serve fare un curriculum se questo non cambia il modo di fare scuola, se non cambia l'approccio alle discipline, se i contenuti restano immobili, se le pratiche consolidate e gli stereotipi dettano legge nel quotidiano in classe?<br />
Io sono sempre più convinta che sia un problema innanzitutto culturale, solo una persona "colta" può accorgersi veramente dell'incoerenza, dell'inutilità e può avere anche le risorse per opporsi alle soluzioni troppo facili, per ricominciare ogni volta. Ma quale cultura serve?<br />
Limitiamoci anche solo alla disciplina. Se non si conosce la materia non si può nemmeno modificare il modo di insegnarla perché si è obbligati a seguire qualche traccia per non perdersi e quindi cosa c'è di meglio dei metodi prefabbricati, dei libri di testo già scritti, delle guide didattiche, delle riviste con le quindicine? Progettare costa un'immensa fatica e si deve fare giorno dopo giorno. Perché ogni giorno ci sono aggiustamenti da fare, perché gli allievi ci portano da tante parti che bisogna capire e poi in qualche modo governare.<br />
Per non sentire l'obbligo di studiare matematica allora si cercano altre strade: la flipped classroom. Internet sostituisce il maestro. Gli allievi guardano a casa (nemmeno in classe) un filmato su internet che "spiega" le frazioni e poi tornano in classe e "spiegano" a loro volta ai compagni che cosa hanno imparato. Ma vi sembra il modo? Con bambini che per la prima volta entrano in contatto con certi concetti e che hanno una testa tutta da formare?<br />
Forse ho esagerato con l'esempio, ci sono sicuramente dei momenti del lavoro in classe in cui certe metodologie possono dare dei risultati, ma facciamo attenzione a non togliere la lezione cattedratica da una parte per reintrodurla dall'altra, soprattutto non confondiamo il saper ripetere a pappagallo con l'aver compreso. Su questo servirebbe un confronto perché sicuramente ci sono insegnanti che sanno il fatto loro e sanno usare bene anche questi strumenti. Io mi baso su quel che vedo e che sento. Forse gli insegnanti capaci sono una rarità mentre prolificano coloro che imitano ma senza sapere. Possibile?<br />
Credo che sia la relazione tra le persone e in particolare quella tra maestro e allievo che conti veramente, perché non bisogna solo costruire "concetti" ma anche formare persone consapevoli di averli in testa. Ci accorgiamo spesso che è più ciò che siamo che ciò che sappiamo ad aiutare gli allievi nel costruire degli apprendimenti stabili. Il nostro modo di porci, di curare la relazione.<br />
Indubbiamente più si approfondisce la disciplina meglio si colgono nessi e relazioni tra gli argomenti e quindi andando in classe si riescono a sfruttare gli spunti che offrono gli allievi per costruire con loro le nuove conoscenze. Ma bisogna essere dei Don Milani, dei Lodi, dei Manzi per poterlo fare? Non credo. Forse basta solo un po' più di consapevolezza (e di umiltà) e tanta voglia di mettersi in gioco (nuovamente e per sempre) perché non si finisce mai di imparare. Sapendo già fin dall'inizio che si sbaglierà e che si cadrà molte volte prima di trovare un certo equilibrio.<br />
E poi quando ci sembrerà di aver finalmente capito, ci accorgeremo che dovremo di nuovo ricominciare da capo perché nel frattempo...<br />
Questa però.... è la vita!<br />
Per concludere riporterei qui i "4 passi" che ha elaborato la segreteria del MCE come impegno del Movimento nei confronti del cambiamento nella scuola. Un ritorno indietro per andare avanti, un po' come è successo nel recente convegno UMI di Bari dove abbiamo recuperato dei pezzi della nostra storia passata come insegnanti di matematica per capire il senso da dare a quella attuale.<br />
Ecco i 4 passi:<br />
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 11.5px; font-stretch: normal; line-height: normal;">
</div>
<ol>
<li>adottare strumenti di democrazia: assemblea, consigli dei ragazzi, piani di lavoro, giornale di classe</li>
<li>dalla biblioteca di classe al fare scuola senza libri di testo. Come si possono organizzare materiali, strumenti di lavoro, fonti documentarie per una scuola della ricerca?</li>
<li>fare scuola senza voti (e registri elettronici)?</li>
<li>rompere l’unità della classe per formare gruppi misti per classi aperte su abilità di base, di sviluppo e arricchimento</li>
</ol>
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Per me... molti ritorni indietro! Ma anche un ritorno a ciò che ha fatto di noi quello che siamo, alla voglia di andare, quando serve, contro corrente perché ispirati da obiettivi "alti" ma condivisi. <br />
Rimane una perplessità: bastano questi strumenti per cambiare anche il modo di fare matematica? In altre parole: esiste un modo "democratico" di imparare (non solo la matematica, ovviamente)?Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-19282646983486869092017-09-01T05:19:00.000-07:002017-10-11T05:21:05.902-07:00RipartenzeMi è venuto in mente questo titolo perché il primo di settembre, nonostante il pensionamento - 10 anni che sono volati - questo giorno è anche per me una "ripartenza". Costruisco il mio calendario di attività e rimetto in gioco tutto ciò che ho fatto finora cercando sempre nuove strade per raggiungere i colleghi ancora attivi e condividere con loro esperienze vecchie e nuove, suggerire attività, discutere i problemi che emergono nella vita quotidiana di classe.<br />
Settembre è il mese dei programmi, delle iniziative di "apertura" dell'anno scolastico, dei buoni propositi, dei cambiamenti anche, se vogliamo.<br />
Per riaccendere la passione servirebbero però cose più concrete, risposte chiare anche da parte delle istituzioni. Il piano di formazione degli insegnanti, se ben sfruttato, può offrire spazi di riflessione e rilanciare il cambiamento?Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-29588646265487110462017-06-14T07:01:00.002-07:002017-06-14T07:11:57.013-07:00Tweet con GeoGebra<iframe scrolling="no" title="Twitter logo: animated construction" src="https://www.geogebra.org/material/iframe/id/Bt4JEWDa/width/640/height/705/border/888888/smb/false/stb/false/stbh/false/ai/false/asb/false/sri/true/rc/false/ld/false/sdz/true/ctl/false" width="640px" height="705px" style="border:0px;"> </iframe>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-56435164337261429002017-06-03T01:44:00.000-07:002017-06-03T01:45:04.609-07:00Cammelli dove?<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Cammelli a Barbiana è uno spettacolo teatrale </span><a href="http://www.teatrodilari.it/project/cammelli-a-barbiana/" target="_blank">http://www.teatrodilari.it/project/cammelli-a-barbiana/</a> <span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">dedicato all'esperienza di Don Milani che sta girando l'Italia e verrà anche proposto agli ascoltatori di RAI Tre il 26 giugno prossimo. Alcune amiche del MCE che l'hanno visto ne sono rimaste entusiaste e mi hanno contagiata con le loro riflessioni tanto da farmi aprire il blog....</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Mi piacerebbe, se qualcuno non lo ha già fatto, provare a ragionare sul presente a partire da quegli stimoli soprattutto sul fatto che quella di Don Milani era una scuola "dura" ma con un obiettivo ben preciso: dare a chi non li aveva gli strumenti per realizzare nella società qualcosa di nuovo. Sono riandata con il pensiero ai miei primi anni di scuola a Nichelino dove la situazione era molto simile per certi versi perché la maggior parte dei genitori dei miei alunni erano semianalfabeti, appena immigrati dal sud e avevano quindi un rispetto per la scuola che stride con ciò che si vede succedere ora nel</span><span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">le relazioni insegnanti-genitori e più in generale scuola-famiglia. Poniamoci allora alcune domande.</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">La scuola non è più il luogo in cui si fa cultura? Non serve più? O sono gli insegnanti che non sanno più fare il loro mestiere in questa società così frammentata diventata incapace di generare passioni perché tutto è dato, tutto è scontato?</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Io sicuramente in quegli anni per molti dei miei genitori ero "depositaria del sapere", avevo quello che loro non avevano e si fidavano di me, anche quando non capivano bene cosa stavo facendo. I bambini venivano volentieri a scuola tanto che due di loro che i genitori avevano cambiato di classe perché la mia scuola era troppo diversa dalle loro aspettative... l'anno successivo sono ritornati. Anche quando timidamente avevo cercato di parlare di "sesso", cosa a quei tempi inconcepibile, semplicemente per rispondere alle domande dei bambini, hanno criticato subito ma poi si sono ricreduti. Nessuno metteva in dubbio l'onestà degli insegnanti, il loro sforzo di fare una scuola vicina alle esigenze dei bambini, la loro passione che poteva a volte generare conflitti ma non impediva di andare avanti, di trovare soluzioni tutti insieme. Ed è la seconda volta che parlo di "passione". Quella era la nostra forza, forse.</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Nulla era facile per chi tentava strade diverse ma nonostante questo non cercavamo di omologarci. Ora la paura del confronto con la diversità è talmente tanta che la scuola è diventata il luogo dell'omologazione. So di un collegio docenti che ha votato la scelta di un metodo.. ma si può fare? Anche se la libertà di insegnamento può avere fatto dei danni, vi sembra una cosa accettabile?</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Ora si deve fare <u>tutti nello stesso modo,</u> non importa se sia sbagliato, tutti gli allievi devono avere la stessa scuola, non importa la qualità purché la controparte (i genitori) non possa fare dei confronti tra una classe e l'altra (cosa che comunque tutti continuano a fare perché a fare la scuola sono comunque delle persone...). </span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Ora chi decide come si fa scuola non sono più gli insegnanti è l'apparato perché nessuno si fida più di loro, nemmeno il datore di lavoro... lo stato. Siccome non si fida, deve dare regole, riempire il tempo degli insegnanti di corsi che nulla hanno a che vedere con il loro ruolo istituzionale e servono a mascherare l'incapacità di gestire realmente il sistema-scuola in questa società.</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Questa perdita di "potere" degli insegnanti è secondo me un segno della perdita di credibilità generata dal fatto che apparentemente non esiste più il divario che c'era un tempo tra chi insegna e chi usa il servizio. La cultura di base "enciclopedica" degli insegnanti della scuola dell'obbligo è ormai del tutto insufficiente rispetto a quella accessibile a tutti tramite i nuovi mezzi di diffusione. </span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">La cultura disciplinare e pedagogica essendo rimasta quasi la stessa si rivela ogni giorno più inadeguata. </span><span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody";"><span style="font-size: 17px;">Non parlo di casi particolari o isole felici dove sembra che si siano trovate miracolose soluzioni (ma saranno poi tali?) ma di quello c'è nella maggior parte delle situazioni che ho conosciuto. Non è possibile che al giorno d'oggi, quando si fa un corso di aggiornamento, si debba fare attenzione a non alzare troppo il livello, rinunciando a chiamare le cose con il loro nome, perché gli insegnanti altrimenti si spaventano... eppure succede questo. </span></span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Una volta se non si sapeva, si studiava, i miei primi anni li ho passati tutti con i libri in mano perché proprio facendo scuola mi sentivo sempre ignorante, non abbastanza preparata, nonostante avessi alunni di pochi anni, perché volevo dare loro la cultura migliore. E questa consapevolezza di non sapere tutto e soprattutto di non sapere una volta per tutte ma di dover continuare a studiare mi è rimasta fino alla fine. </span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">E ancora adesso studio... per poter dare, agli insegnanti che capiscono, che si rendono conto della loro inadeguatezza di fronte alle sfide attuali, il meglio. E che cosa spaventa? Le cose che io ho studiato fin dagli inizi della mia carriera e che incredibilmente ancora oggi nessuno sa (guai ad esempio a parlare di isomorfismo o di classi di equivalenza... che paura!!!).</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Tornando a Don Milani devo premettere che le celebrazioni che non portano da nessuna parte non mi piacciono. Accanto alle celebrazioni bisogna mettere in campo delle azioni concrete altrimenti non abbiamo veramente raccolto l'eredità di questo e altri maestri che continuiamo a citare. Anche lui proveniva da una famiglia acculturata e quindi coglieva il divario tra la sua cultura e quelle dei suoi allievi. E allora che ha fatto? Ha messo al servizio dei suoi allievi quella cultura, cercando di far loro entrare in testa le cose che creavano il divario fra loro e gli altri, per restituire a loro il "potere" generato dalla cultura.</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Allora perché non raccogliere fino in fondo la sfida del donmilanismo andando contro corrente, andando a cercare l'essenza del suo messaggio con una rilettura di "Lettera a una professoressa" da cui trarre spunti concreti per il cambiamento ma calati nella realtà attuale, non sicuramente più facile di quella in cui Don Milani si è trovato a "combattere" pagandone di persona le conseguenze. Ma lui non è stato un martire, o almeno non ha avuto la consapevolezza di poterlo diventare, è stato uno che si è tirato su le maniche contrastando a modo suo, con le sue capacità e i suoi modi, certamente molto più duri di quelli che osiamo ora mettere in pratica, l'omologazione della scuola pubblica fatta per chi la cultura ce l'aveva già a casa e quindi non aveva bisogno della scuola per costruirsela.</span><br />
<span style="font-family: "uictfonttextstyletallbody"; font-size: 17px;">Paradossalmente sono le nuove situazioni di disagio che si vivono nella scuola che dovrebbero ridarci il "potere" (e la passione?) di un tempo cominciando con il rifiutare la catalogazione degli allievi non solo con l'eliminazione dei voti ma soprattutto con l'eliminazione dell'etichetta BES a tutti coloro che non stanno nei tempi della scuola perché manca loro quel retroterra che fa la differenza. Il retroterra oggi però non è solo una generica deprivazione culturale... sono anche altre cose, sono ad esempio le difficoltà economiche generate dalla mancanza di lavoro che toccano tutti indipendentemente dal livello culturale o semplicemente l'instabilità del futuro che non si riesce più a prevedere perché tutto cambia continuamente. Che strumenti ha la scuola e che strumenti hanno gli insegnanti per gestire questa situazione del tutto nuova? Pensiamoci e rileggiamo Don Milani... ma dimentichiamoci di lui quanto prima per entrare nei problemi attuali che sono profondamente diversi. Chi sono oggi i cammelli e qual è la cruna? Fare una scuola "dura" oggi che cosa significa?</span>Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-29357835783751695112017-05-09T12:26:00.003-07:002017-06-03T00:17:17.924-07:00Learning spaces vs scuole tradizionali Ho letto dei nuovi progetti Indire sui learning spaces qui <a href="http://ischool.startupitalia.eu/lifestyle/59533-20170509-basta-con-la-lezione-frontale-indire-presenta-la-sua-ricerca-e-lancia-lappello-architetti-e-maestri-unitevi">http://ischool.startupitalia.eu/lifestyle/59533-20170509-basta-con-la-lezione-frontale-indire-presenta-la-sua-ricerca-e-lancia-lappello-architetti-e-maestri-unitevi</a><br />
Secondo me prima di cambiare le scuole bisogna cambiare la didattica e quindi gli insegnanti altrimenti si rischia di avere delle belle scuole dove si fanno sempre le stesse cose nello stesso modo. La LIM insegna.<br />
Avevo già espresso il mio parere sul problema degli spazi della scuola in un mio post precedente che vi invito a rileggere... per non ripetermi<br />
<span style="background-color: #edf4ff; color: #888888; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: 13px;"><a href="http://ilpiaceredifarematematica.blogspot.com/2015/10/una-scuola-diversa-non-solo-negli-spazi.html">http://ilpiaceredifarematematica.blogspot.com/2015/10/una-scuola-diversa-non-solo-negli-spazi.html</a></span><br />
a commento di un articolo sullo stesso sito.<br />
Spero che ora l'impegno dell'Indire sui due fronti, didattica e ambienti di apprendimento, dia qualche risultato tangibile e soprattutto che almeno i miei pronipoti possano giovarsene. I nipoti sono ancora nel limbo... scuole con aule a porte più o meno chiuse, nonostante la buona volontà degli insegnanti.<br />
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<br />Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-51596094674068767572016-12-17T01:58:00.000-08:002016-12-17T02:04:44.719-08:00Tecniche…. e tecniche FreinetSono molto preoccupata dalla “contaminazione” tra tecniche Freinet e altre “tecniche” che stanno dilagando anche grazie alla rete a cui non sono estranei nemmeno coloro che aderiscono al Movimento di Cooperazione Educativa di cui anch'io faccio parte. Pur sforzandomi di non avere preconcetti, essendomi da sempre occupata di matematica, non posso che rilevare la pericolosità di certi tipi di approccio a questa disciplina. Ma, al di là della matematica, ciò che mi fa pensare è come possano convivere le idee pedagogiche del MCE con metodi che di fatto le negano quasi tutte. Le scelte dipendono dalla conoscenza e dalla riflessione personale e non tutti hanno avuto le stesse esperienze formative. Quindi cercherò di spiegare le ragioni della mia preoccupazione avendo piena coscienza del fatto che i bambini sono nelle nostre mani, non solo come corpo ma anche come “testa” e costruire una “testa ben fatta” non è sicuramente semplice. Ci sono però delle certezze, delle convinzioni di fondo rispetto al “come” raggiungere questo scopo che dovrebbero essere condivise.<br /><br /><div>
Forse per riscoprire le nostre radici comuni occorre ritornare a ciò che scriveva Freinet rispetto al “calcolo vivente” e ricontestualizzarlo, mettendo in evidenza la “visione pedagogica” che c’era sotto quella tecnica.<br />Il “calcolo vivente”, consisteva, se non erro, nel “motivare” l’apprendimento e l’esercizio aritmetico partendo dalla soluzione di problemi matematici “posti dalla vita di classe”, da cui poi l’idea di Le Bohec del testo libero di matematica che, a mio giudizio, va ben oltre il vissuto esperienziale.<br />Quando si sostiene che prima si devono imparare i calcoli e poi verranno i problemi siamo di fronte ad un’inversione totale del costrutto pedagogico frenetiano. <i>Questo è il primo contrasto che vorrei evidenziare.</i></div>
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<br />Si trovano migliaia di siti che fanno fare calcoli ai bambini trasformando questo esercizio in competizione con se stessi o con altri, e sono altrettanto diffusi eserciziari e strumenti didattici che dovrebbero facilitare il calcolo rendendo tutto immediatamente accessibile, senza pensare. Ma le operazioni aritmetiche non si esauriscono nel calcolo, hanno un significato che si costruisce a partire da situazioni reali, da esperienze elementari che fanno i bambini fin da piccoli, giocando, manipolando materiali, relazionandosi con adulti e compagni. Gli algoritmi di calcolo sono un’altra cosa; nel corso dei secoli ne sono stati inventati tantissimi, alcuni hanno avuto più fortuna altri meno, ma non sono la matematica. Oggi il calcolo scritto non serve quasi più, se non come esercizio mentale, ciò che serve invece è saper calcolare a mente per poter valutare velocemente delle quantità, serve fare calcoli approssimati, non trovare risultati esatti, soprattutto per "controllare" i risultati delle macchine. Quanti di noi dovendo calcolare 1345 x 7851 si mettono ancora a scrivere su carta il calcolo? Per non parlare delle divisioni tipo 256,347 : 0,75 o cose simili. Il cellulare che tutti hanno in tasca ci mette a disposizione la calcolatrice senza limiti di spazio e di tempo e questo ha contribuito a segnare definitivamente il destino del calcolo scritto. <br />Se ciò che conta è il controllo, come imparare a ragionare su ordini di grandezza anziché su numeri dati? Non c’è dubbio che per dare senso al controllo si debba partire da situazioni reali, che sono sotto i nostri occhi. Ad esempio se vogliamo fare un’ipotesi sensata su quante persone potrebbero trovare posto in un cinema dobbiamo avere una strategia per contare i posti a sedere… immaginare quante persone in una fila… quante file… serve quindi un riferimento all’esperienza e un ragionamento, un modo di affrontare il problema, una strategia.<br />Questo penso sia anche il senso del “calcolo vivente”, esperienza e ragionamento.<br /><br />Le tecniche per Freinet erano solo tecniche, ma erano inserite in un contesto pedagogico motivante in cui al centro c’era il bambino che portava a scuola ciò che faceva parte del suo vissuto personale. Su questo vissuto il maestro costruiva il lavoro di classe superando l’uso dei libri e in genere la trasmissione di una cultura già strutturata a favore di una ri-costruzione personale della cultura stessa che seguisse lo sviluppo spontaneo del bambino (il metodo naturale) senza rinunciare al ruolo di guida dell’insegnante e sottolineando nel contempo il ruolo della comunità classe nella co-costruzione di conoscenza, con un accento fondamentale sul ruolo del lavoro cooperativo e collaborativo. <br />Questo mi pare, come dicevo prima, nettamente in contrasto con una didattica in cui tutto è preconfezionato (da altri, nemmeno dall’insegnante) e in cui i bambini diventano meri esecutori di sequenze di esercizi individuali che vanno fatti così e non diversamente, altrimenti la tecnica non può avere successo. <i>Qui emerge il secondo contrasto: applicazione di regole vs capacità di ragionare in modo autonomo.</i><br /><br />I bambini non devono essere addestrati a dare le risposte giuste ma a pensare. Questo è sia nell’ottica della pedagogia popolare sia in quella della cittadinanza attiva: bisogna aver degli strumenti, delle “literacy”, per poter partecipare alla vita democratica. I bambini quindi devono imparare a costruire un ragionamento matematico in modo autonomo.<br />Gli schedari autocorrettivi di Freinet, non dati una volta per tutte ma costruiti con i bambini e in continuo arricchimento, avevano “solo” l’obiettivo di scaricare l’insegnante dalla gestione degli esercizi routinari, non volevano essere un “metodo”.<br />Io, pur non applicando sempre alla lettera le tecniche frenetiane (nel tempo le cose si evolvono…), preparavo il mio “schedario” settimanalmente proponendo ai bambini delle sequenze di esercizi sui temi affrontati nella settimana e a questo dedicavo un pomeriggio, durante il quale i bambini lavoravano a gruppi aiutandosi a vicenda. E fra gli strumenti c’erano anche le vecchie schede MCE di calcolo autocorrettive che ai bambini piacevano molto perché consentivano loro di lavorare in autonomia; nel frattempo io ero libera di affiancare i più bisognosi di aiuto. Ma quello era l’unico momento della settimana in cui i bambini avevano a che fare con le “schede”, tutto il resto dell’attività didattica avveniva a partire da problemi contestualizzati in campi di esperienza famigliari ai bambini che venivano risolti a piccoli gruppi, con una “accesa” negoziazione già in questa fase, e poi portati alla discussione collettiva in classe, dove si precisavano i significati matematici da costruire e, poco per volta, le conoscenze erano formalizzate. <i>Questo modo di organizzare il lavoro in classe mette anche in evidenza un terzo motivo di contrasto: lavoro individuale vs lavoro di gruppo o meglio individualismo vs cooperazione.</i><br /><br />Bisogna che i bambini abbiano “sete” di conoscenza come viene espresso dalla nota storia del cavallo che non andava a bere. La sete è la motivazione nell’apprendimento e per Freinet era fondamentale. Dubito che la sete di conoscenza si possa alimentare partendo dall’idea che la matematica sia memorizzazione di regole e procedure per imparare a dare in fretta la risposta giusta. Dubito anche che ci si possa affidare interamente all’intuizione per far capire la matematica. L’intuizione può aiutare all’inizio di un percorso per collegare ciò che già si sa con ciò che si sta per imparare. Si pensi ai modelli intuitivi dei problemi di aritmetica: mettere insieme e togliere, per le strutture additive, replicare e fare parti per le strutture moltiplicative; questi modelli, utili per far scattare il ragionamento nelle prime fasi dell’apprendimento, diventano presto degli ostacoli alla comprensione profonda del significato delle operazioni, vanno quindi superati perché senza una presa di coscienza dell’effettivo sapere in gioco non si arriva a conoscenze durature e men che meno a costruire competenze matematiche spendibili successivamente. La scuola frenetiana, pensata in continuità con la società, ha bisogno di conoscenze che durino nel tempo per poterle spendere nella vita quotidiana, sul lavoro. <i>Un quarto motivo di contrasto può quindi essere determinato dall’affidarsi interamente alle capacità intuitive in contrapposizione con la comprensione profonda dei concetti determinata dalla presa di coscienza del proprio sapere: intuizione vs presa di coscienza.</i><br /><br />La matematica non è fatta solo di parole ma, come ho già sottolineato più volte, di significati che sono stati costruiti nel tempo e con fatica. La matematica, per sua natura, esige uno sforzo di pensiero notevole perché è una costruzione culturale e del tutto astratta. Per costruire la consapevolezza di cui parlavo prima non basta sapere le parole, bisogna averne interiorizzato il significato, averlo fatto proprio. La professionalità dell’insegnante consiste proprio nel sapere predisporre degli itinerari che conducano i bambini a prendere coscienza del costrutto astratto della matematica senza perdita di significato e in modo quasi naturale. Esattamente come avviene per l’apprendimento della lettura e della scrittura. Un metodo naturale anche per la matematica.<br />Tutti gli studiosi affermano che il nostro cervello è in qualche modo predisposto alla matematica ma le strutture di base su cui possiamo contare per impararla sono molto elementari, non consentono di arrivare spontaneamente a costrutti teorici complessi. Abbiamo forse qualcosa che si potrebbe definire il “senso della matematica”, una base naturale su cui possiamo contare per costruire un “oggetto” che non è naturale, ma il frutto di un’elaborazione culturale di millenni da parte dell’uomo. Un ruolo determinante in questo processo di riappropriazione è giocato dall’uso di analogie e soprattutto di metafore perché, per poterci rappresentare nella mente i concetti, abbiamo bisogno di trasformarli in qualcosa di tangibile, di concreto cui applicare ragionamenti che siamo in grado di controllare perché fanno riferimento a fatti della vita di tutti i giorni. Non tutte le metafore però funzionano bene, quando sono messe a confronto con il concetto astratto.<br />Per questo occorre la guida dell’insegnante per orientare il pensiero verso l’uso di metafore che siano produttive dal punto di vista della conoscenza scientifica che, come ho appena detto, non ha quasi nulla di spontaneo. Capire quali sono le analogie produttive e le metafore giuste non è cosa da poco e non bisogna confondere questi costrutti con le libere associazioni mentali che utilizziamo per ricordare o memorizzare anche fatti matematici. Le metafore possono aiutare la comprensione, le tecniche di memorizzazione sono un’altra cosa e soprattutto non hanno un ruolo decisivo nella costruzione del pensiero matematico perché se c’è stata comprensione la memoria permane perché in qualsiasi momento siamo in grado di ricostruire il percorso che ci ha portati all’acquisizione di un concetto. <i>Quinto elemento di contrasto: memorizzazione vs comprensione.</i><br /><br />Vorrei ancora chiarire che cosa si intende per “linguaggio della matematica”, perché psicologi e pedagogisti non hanno idee del tutto consonanti con quelle dei matematici. Le batterie di prove utilizzate per testare la discalculia sono infatti oggetto di grande discussione tra matematici e psicologi proprio perché non danno, secondo alcuni, elementi sufficienti per fare una diagnosi di quel tipo. Sono spesso basate su test che nulla hanno a che fare con la comprensione della matematica nel senso che ho descritto prima, testano solo capacità tecniche e strumentali, la punta dell’iceberg quindi. Possiamo parlare di successo in matematica quando ci accorgiamo che i bambini hanno imparato a "pensare matematicamente”, non solo ad usare meccanicamente qualche “segmento” del linguaggio matematico. <br />Il linguaggio matematico deve diventare una specie di seconda lingua e si è competenti in matematica quando si usa quel linguaggio quasi come se fosse quello naturale, una specie di “protesi” utile per analizzare da quel punto di vista molte situazioni reali. <br />Ottenere ciò non è facile e soprattutto richiede un notevole impegno, cosa che Freinet penso non abbia mai sottovalutato. Le sue tecniche tendevano infatti a rendere “più leggero” il percorso di conoscenza degli allievi agendo non solo sugli strumenti ma soprattutto sulle motivazioni. Pensiamo all’uso del testo libero e della corrispondenza scolastica per costruire contesti motivanti per gli allievi. <i>Sesto elemento di contrasto: facilità e poco impegno vs difficoltà da superare con fatica (ma non da soli).</i><br /><br />La mia preoccupazione per il dilagare di tecniche facilitate e facilitanti è comunque più di tipo pedagogico che didattico. Penso che gli insegnanti più intelligenti siano in grado di accorgersi da soli che non possono fare matematica solo appoggiandosi ad eserciziari o a giochini su internet. Quindi sanno che dovranno comunque integrare certe proposte con attività più impegnative sul piano del ragionamento. <br />Tutti noi abbiamo usato e usiamo eserciziari per supportare il nostro lavoro nella parte tecnica e routinaria. Ma per i problemi il discorso si fa più complesso. Qualsiasi problema aritmetico va affrontato con consapevolezza del significato delle operazioni se vogliamo che sia risolto, non esistono “ricette” per scoprire l’operazione giusta “senza pensare” (troppo). Deleterio in questo senso l’uso delle parole chiave per “indovinare” il calcolo che portano ad una distorsione di tutti i significati. Le diverse strategie messe in atto dai bambini per risolvere un problema sono una ricchezza, anche quelle errate, perché nel momento in cui diventano oggetto di un confronto tra gli allievi, si trasformano in nuove conoscenze. Durante la discussione in classe i bambini sono invitati a giustificare le loro scelte e quindi ad argomentare, si rendono conto delle idee che non funzionano e di quelle che sembrano più produttive per lo scopo. Il ruolo positivo dell’errore, se la costruzione della conoscenza avviene in un contesto di negoziazione sociale, è fondamentale. Dobbiamo insegnare agli allievi non a “non sbagliare” ma a sbagliare e a rendersi conto degli errori per superarli. In questo a volte i software funzionano perché, invitano a riprovare con dei rinforzi positivi di vario genere, e, se dopo alcuni tentativi, non si trova la risposta presentano le soluzioni corrette. Ma è pur sempre la logica del giusto/sbagliato e soprattutto dell’addestramento. <i>Questo potrebbe essere forse l’ultimo punto di contrasto: addestrare a non sbagliare vs valore positivo dell’errore.</i><br /><br />Qualsiasi situazione “matematica” può diventare fonte di apprendimento, come ci ha dimostrato anche Le Bohec con i suoi testi liberi. Ma bisogna saperla “prendere” per aiutare i bambini a rielaborarla, a darle un senso personale perché è questo il vero motore dell’apprendimento, ciò che aiuta i bambini a riutilizzare quella conoscenza in altre situazioni è averne compreso il senso. Questo implica un coinvolgimento personale, la ricerca di un collegamento tra quella situazione e la nostra esperienza, non si può confinare tutto al semplice apprendimento di tecniche che ingabbiano la mente e irrigidiscono i concetti.<br /><br />Interessante quanto scrive Bruno D’Amore, in un articolo apparso tempo fa su “La vita scolastica online”, rispetto agli errori pedagogici determinati dall’uso di metodi univoci: <i>“Sappiamo oggi che ogni apprendimento umano è “situato”; cioè: se un essere umano apprende qualcosa in una certa situazione (…), apprende sì quel certo contenuto in quella data situazione, ma basta, null’altro! Il transfer cognitivo, cioè la capacità di trasportare l’apprendimento avvenuto in quella situazione a un’altra situazione, non è automatico (…) occorre una generalizzazione dell’apprendimento avvenuto; ma proprio l’aver appreso in una data situazione, con un dato strumento pre-disposto, blocca questo passaggio verso la generalità.”</i><br /><br />Concludo citando un breve passo dal libro “La scuola del fare”, un’antologia di scritti di Célestin Freinet curata da Roberto Eynard:<br /><i>“L’acquisizione dei meccanismi è solo un aspetto accessorio della comprensione intelligente del calcolo. Ciò che importa e che, pertanto, dovrebbe essere seguito in modo particolare, è il senso matematico, risultato di un lungo apprendimento a base di tâtonnement sperimentale e di vita”</i><br /><br />Una matematica di senso, quindi.</div>
Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-44320331711963664552015-12-01T22:38:00.002-08:002015-12-01T22:38:18.979-08:00La matematica senza matematicaResto ogni giorno più sconcertata da come stia passando nelle scuole un modo di insegnare matematica che non ha niente o poco a che fare con la disciplina stessa.<br />
L'aritmetica identificata con il saper fare i calcoli velocemente con tutti i trucchi del caso, la geometria ridotta a saper dire il nome delle figure e classificarle.<br />
Risolvere e porsi problemi sono alla base dell'apprendimento della matematica ma questo aspetto viene anch'esso ridotto a ricetta facilmente applicabile riducendo questa attività a puro esercizio o all'applicazione di procedure standard che spesso contengono anche grossi errori matematici, tutti antidoti all'incapacità di gestire una didattica che si basi sull'elaborazione e il confronto di strategie personali e all'uso dell'errore come strumento per far riflettere gli allievi e aiutarli a superare gli ostacoli cognitivi ed epistemologici della disciplina.<br />
Complice di tutto ciò (ma gliene si può fare una colpa?) un'editoria ormai pervasiva che raccoglie tutte le esigenze e le difficoltà degli insegnanti per farle diventare fonte di guadagno.<br />
Il processo non è recente ma i media, i social network, l'assenza delle istituzioni sul fronte della formazione, la distanza ormai incolmabile tra ricerca didattica e scuola reale, l'accesso a internet e al mercato online, amplificano tutto ciò a dismisura creando una sorta di scuola parallela in cui non interessano i significati o lo spessore culturale di ciò che si insegna ma solo la risposta corretta ai test.<br />
Nonostante il lavoro dell'Invalsi vada in una direzione totalmente diversa e nonostante i risultati negativi dei nostri allievi sul fronte internazionale, pare che ciò che conta alla fine sia fare contenti maestri e professori imparando a dare sempre la risposta giusta, non importa come ci si arriva per analogia, per fortuna o per ragionamento. La scuola ridotta a quiz... divertimento spacciato per metodo di insegnamento. Tutto ciò è veramente preoccupante pensando al futuro dei nostri allievi che si troveranno sempre più spaesati quando dovranno veramente affrontare la disciplina in tutto il suo spessore.<br />
Che fare? Il primo atto dovrebbe essere una presa di posizione da parte di chi ha l'autorevolezza e la competenza per farlo (Università, Invalsi, Indire...). Ma questo evidentemente non può bastare. Occorre andare alla radice del problema, alla formazione degli insegnanti, perché secondo me è un fatto culturale. È la cultura degli insegnanti che va coltivata: con un bonus di 500 euro o con una formazione obbligatoria a tappeto su tutto il territorio nazionale? Ci sono gruppi di insegnanti che hanno deciso di investire una parte del bonus per autofinanziarsi corsi di aggiornamento che la scuola non riesce più ad offrire. Brave ... ma come ci siamo ridotti?<br />
Sappiamo che soprattutto nella scuola primaria, dove le menti degli allievi vengono in un certo senso forgiate, si ricorre a ogni sorta di strumento reperibile in commercio o in rete per avere materiali sempre nuovi e 'accattivanti' da proporre agli allievi. Dietro queste pratiche c'è la mancanza di sicurezza nell'affrontare la disciplina e dall'altra la necessità di far fronte in qualche modo alle crescenti difficoltà degli allievi in classi sempre più variegate con famiglie sempre più esigenti. Riempire i quaderni di schede o seguire metodi miracolosi che offrono risultati immediati (ma di che tipo?) sembra un ottimo antidoto alla situazione di stress che vivono quotidianamente gli insegnanti.<br />
E se invece ci si occupasse seriamente del problema offrendo agli insegnanti strumenti veri per affrontare le difficoltà e cioè quel minimo di competenza disciplinare e metodologica che consentirebbe di vivere serenamente la matematica a scuola?<br />
E se gli insegnanti imparassero ad ascoltare veramente gli allievi per cogliere dalle loro parole ciò che c'è nelle loro menti e aiutarli a raggiungere le competenze indispensabili per essere cittadini consapevoli?<br />
Il discorso è complesso e nessuno ha delle soluzioni in tasca. Ma chi ha responsabilità nella scuola, i dirigenti, si pongono il problema di verificare la validità delle proposte formative, hanno strumenti per valutare o si basano sulla pubblicità?<br />
L'assenza delle istituzioni culturali, in tutte le sue articolazioni, comincia veramente a pesare....<br />
Fare scuola facendo attenzione a come si formano i concetti matematici nella testa degli allievi può essere inizialmente più faticoso perché costringe ad abbandonare strade battute e quindi destabilizza, obbliga a riprendere in mano i libri di matematica per studiare.... Per fortuna ci sono insegnanti che capiscono e si impegnano per farlo... ancora troppo pochi.Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6359612218879320283.post-29261717683211898972015-10-13T00:13:00.001-07:002018-12-20T06:02:28.146-08:00Una scuola diversa non solo negli spaziSono capitata qui...<br />
<a href="http://ischool.startupitalia.eu/38542/education/scuola-ideale-renzo-piano/">http://ischool.startupitalia.eu/38542/education/scuola-ideale-renzo-piano/</a><br />
Che bell'utopia quella espressa da Renzo Piano. Chissà perchè mi ricorda tanto la mia tesi... "Scuola e territorio" discussa nell'84... tanti bei progetti di scuole realizzati in tutto il mondo raccolti in 400 pagine con l'idea di suggerire un'integrazione tra scuola e comunità locale... ho ancora tutti i progetti che avevo pensato anche per la mia città... tutto ciò mi riconcilia con l'architettura e mi fa sperare in qualche cambiamento almeno per i miei nipotini. Sono tante le voci che ho sentito ultimamente sul fatto di creare ambienti scuola molto diversi da quelli attuali, ma poi, anche scuole nuovissime ripropongono il solito modello caserma con tante aule e tanti corridoi in cui gli insegnanti fanno fatica a organizzare spazi a misura di bambino. E la mia ultima scuola che aveva già negli anni '70 alcune caratteristiche particolari che andavano, se volete, nella direzione descritta da Piano (aule che si affacciavano da un lato sul cortile e dall'altro su un grande spazio comune) sta per essere abbattuta... Ma quel che mi chiedo io: basta avere una scuola diversa per cambiare la didattica? Forse no, ma aiuterebbe tanto... Ricordo con grande commozione i miei piccoli primini seduti per terra stretti stretti in cerchio nella piccola auletta laboratorio collegata con l'aula grande a discutere di numeri e di chiocciole raccolte in cortile, il nostro orto pieno di verdure bacate... il tavolone comprato con i soldi dei genitori per poter lavorare in cortile vicino all'orto.... chissà che fine ha fatto?<br />
È vero che gli insegnanti si sono sempre aggiustati quando volevano e lo fanno tuttora, ma è anche vero che spesso, pur avendo scuole bellissime, hanno preferito restare chiusi nelle loro aule a fare lezione. Ho letto l'articolo sulla nuova didattica senza materie che ci arriva dalla Finlandia e chissà perchè l'ho subito collegato alla battuta di una insegnante di matematica di scuola superiore incontrata qualche anno fa che alla mia richiesta di far mettere per scritto ai suoi allievi il ragionamento fatto per risolvere un problema mi ha risposto dicendo che non poteva, perchè non insegnava italiano... Se siamo fatti cosí... la strada per l'utopia è ancora molto lunga.<br />
<br />Donatella Merlohttp://www.blogger.com/profile/14984573055053073316noreply@blogger.com0