mercoledì 11 ottobre 2017

Nuovi percorsi formativi

Qualche volta penso che far capire come sia possibile cambiare il modo di fare matematica sia un'impresa impossibile. Preparo interventi teorici, propongo laboratori, seguo le sperimentazioni in classe, commento i lavori che mi mandano gli insegnanti passando a volte ore intere per trovare il modo giusto di dire una cosa... Una fatica immane! Mi chiedo se qualcuno capisce che cosa cerco di fare. Fare formazione in questo modo è veramente complicato. Meglio andare in una scuola, fare una rapida conferenza raccontando cose bellissime ma non replicabili e poi andarsene a casa.
Ma allora che siamo "maestre" a fare? Bisogna trovare la strada, il modo di farsi intendere... ci vuole anche un po' di cocciutaggine.
In ogni caso sono convinta che ci sia qualcosa nel DNA delle persone che consente di entrare in sintonia con un certo modo di fare scuola e "obbliga" in un certo senso a non accettare altre modalità, forse più facili, magari anche più appariscenti, ma sicuramente meno efficaci.
Sull'inefficacia delle attuali pratiche didattiche è facile andare d'accordo. Gli insegnanti delle elementari si lamentano di quelli dell'infanzia, quelli delle medie di quelli delle elementari.... e così via. Mai nessuno che dica: dunque, se gli allievi mi arrivano così che cosa posso fare "io"?
E tutta la prosopopea sul curriculum che nessuno sa come fare, l'accento sulle competenze che nessuno sa cosa siano.... e poi che vorrà mai dire "progettare per competenze", "valutare per competenze"...
Se almeno tra tutti coloro che elaborano meravigliosi curricoli, ci fosse uno che si rende conto dell'inutilità di mettere nero su bianco parole che non hanno nessun significato se dietro non c'è un impegno personale per renderle attuabili ....e avesse anche il coraggio di dirlo.
A che serve fare un curriculum se questo non cambia il modo di fare scuola, se non cambia l'approccio alle discipline, se i contenuti restano immobili, se le pratiche consolidate e gli stereotipi dettano legge nel quotidiano in classe?
Io sono sempre più convinta che sia un problema innanzitutto culturale, solo una persona "colta" può accorgersi veramente dell'incoerenza, dell'inutilità e può avere anche le risorse per opporsi alle soluzioni troppo facili, per ricominciare ogni volta. Ma quale cultura serve?
Limitiamoci anche solo alla disciplina. Se non si conosce la materia non si può nemmeno modificare il modo di insegnarla perché si è obbligati a seguire qualche traccia per non perdersi e quindi cosa c'è di meglio dei metodi prefabbricati, dei libri di testo già scritti, delle guide didattiche, delle riviste con le quindicine? Progettare costa un'immensa fatica e si deve fare giorno dopo giorno. Perché ogni giorno ci sono aggiustamenti da fare, perché gli allievi ci portano da tante parti che bisogna capire e poi in qualche modo governare.
Per non sentire l'obbligo di studiare matematica allora si cercano altre strade: la flipped classroom. Internet sostituisce il maestro. Gli allievi guardano a casa (nemmeno in classe) un filmato su internet che "spiega" le frazioni e poi tornano in classe e "spiegano" a loro volta ai compagni che cosa hanno imparato. Ma vi sembra il modo? Con bambini che per la prima volta entrano in contatto con certi concetti e che hanno una testa tutta da formare?
Forse ho esagerato con l'esempio, ci sono sicuramente dei momenti del lavoro in classe in cui certe metodologie possono dare dei risultati, ma facciamo attenzione a non togliere la lezione cattedratica da una parte per reintrodurla dall'altra, soprattutto non confondiamo il saper ripetere a pappagallo con l'aver compreso. Su questo servirebbe un confronto perché sicuramente ci sono insegnanti che sanno il fatto loro e sanno usare bene anche questi strumenti. Io mi baso su quel che vedo e che sento.  Forse gli insegnanti capaci sono una rarità mentre prolificano coloro che imitano ma senza sapere. Possibile?
Credo che sia la relazione tra le persone e in particolare quella tra maestro e allievo che conti veramente, perché non bisogna solo costruire "concetti" ma anche formare persone consapevoli di averli in testa. Ci accorgiamo spesso che è più ciò che siamo che ciò che sappiamo ad aiutare gli allievi nel costruire degli apprendimenti stabili. Il nostro modo di porci, di curare la relazione.
Indubbiamente più si approfondisce la disciplina meglio si colgono nessi e relazioni tra gli argomenti e quindi andando in classe si riescono a sfruttare gli spunti che offrono gli allievi per costruire con loro le nuove conoscenze. Ma bisogna essere dei Don Milani, dei Lodi, dei Manzi per poterlo fare? Non credo. Forse basta solo un po' più di consapevolezza (e di umiltà) e tanta voglia di mettersi in gioco (nuovamente e per sempre) perché non si finisce mai di imparare. Sapendo già fin dall'inizio che si sbaglierà e che si cadrà molte volte prima di trovare un certo equilibrio.
E poi quando ci sembrerà di aver finalmente capito, ci accorgeremo che dovremo di nuovo ricominciare da capo perché nel frattempo...
Questa però.... è la vita!
Per concludere riporterei qui i "4 passi" che ha elaborato la segreteria del MCE come impegno del Movimento nei confronti del cambiamento nella scuola. Un ritorno indietro per andare avanti, un po' come è successo nel recente convegno UMI di Bari dove abbiamo recuperato dei pezzi della nostra storia passata come insegnanti di matematica per capire il senso da dare a quella attuale.
Ecco i 4 passi:
  1. adottare strumenti di democrazia: assemblea, consigli dei ragazzi, piani di lavoro, giornale di classe
  2. dalla biblioteca di classe al fare scuola senza libri di testo. Come si possono organizzare materiali, strumenti di lavoro, fonti documentarie per una scuola della ricerca?
  3. fare scuola senza voti (e registri elettronici)?
  4. rompere l’unità della classe per formare gruppi misti per classi aperte su abilità di base, di sviluppo e arricchimento

Per me... molti ritorni indietro! Ma anche un ritorno a ciò che ha fatto di noi quello che siamo, alla voglia di andare, quando serve, contro corrente perché ispirati da obiettivi "alti" ma condivisi.
Rimane una perplessità: bastano questi strumenti per cambiare anche il modo di fare matematica? In altre parole: esiste un modo "democratico" di imparare (non solo la matematica, ovviamente)?

4 commenti:

  1. Condivido molto il tuo pensiero. Grazie

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  2. Bellissima riflessione. Mi ritrovo molto nei tuoi articoli. Grazie per condividere il tuo pensiero.

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  3. Finalmente leggo nero su bianco: a scuola si insegna una matematica mortificante

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