venerdì 14 gennaio 2022

Parliamo di decine e unità con Pascal

Anni fa (meglio non dire quanti...) ho pubblicato su questo blog una parte dell'attività svolta con la Pascalina zero+1 intitolata "Pascal ci insegna a contare".  Per chi non la conosce ancora eccola qui:


Trovate tutti i post digitando Pascal nel campo di ricerca. Non avevo ancora condiviso la parte conclusiva dell'attività cosa che ora mi accingo a fare: le DOMANDE DI PASCAL a cui i bambini hanno dato le loro risposte e i CONSIGLI DI PASCAL cioè le risposte date dal nostro personaggio che i bambini dovevano confrontare con le loro. Un bell'esercizio di argomentazione.

In classe i bambini avevano fruito alla LIM la seconda parte, quella con le risposte, a cui l'amico Alberto Pian aveva prestato la faccia e la voce. Cliccando sul numero della domanda Pascal dava la sua risposta con un file audio registrato.


sabato 4 dicembre 2021

Conflitto perimetro/area: quali soluzioni?

Confrontando strategie risolutive diverse per la risoluzione di un problema emerge quasi sempre qualche conflitto cognitivo, anzi se non emerge sarebbe bene provocarlo. Un esempio è il conflitto perimetro/area. Perché i bambini fanno fatica a distinguere un concetto dall'altro? Tempo fa ho presentato ad un convegno un'attività svolta in Dad nella quale emergevano chiaramente queste difficoltà e i tentativi dell'insegnante per aiutare gli allievi a superarle. La chiave del successo però non sta tanto nell'intervento immediato, che può avere un effetto positivo spesso solo momentaneo, ma nell'impostare il percorso di insegnamento/apprendimento a partire da ciò che i bambini hanno già in testa, aiutandoli a renderlo esplicito per se stessi e per gli altri. Da qui l'importanza data in ogni fase del percorso didattico alla comunicazione verbale e anche scritta. 

A questo proposito consiglio di leggere quanto ha scritto Maria Cantoni nel pdf dal titolo Perimetro e area: due concetti inscindibili?

Questo conflitto va quindi affrontato con strumenti adeguati, non solo quando si presenta in modo palese, ma agendo "prima", proponendo attività e riflessioni da cui gli allievi ricavino strumenti concettuali e capacità di ragionamento adatti a superare quell'ostacolo. Anche in questo caso, come in altri, GeoGebra ci dà una mano.

Per costruire il perimetro occorre prendere in considerazione i segmenti-lati di una figura e imparare a sommarli. Cominciamo quindi a ragionare sul perimetro non solo come contorno di qualcosa ma sulla sua astrazione geometrica cioè come somma di segmenti.

La manipolazione virtuale con GeoGebra fa sì che gli allievi operino con quei segmenti spostandoli e giustapponendoli lungo una retta, cosa che prima avranno già simulato utilizzando cannucce o bastoncini posti sul contorno della figura in esame. Prendere e spostare, azione manipolativa concreta che Geogebra traduce abbastanza fedelmente.

https://www.geogebra.org/m/h7ijmrW7

In questo secondo file vediamo come si potrebbe procedere per il confronto di due perimetri definendo prima una qualsiasi unità di misura. 

https://www.geogebra.org/m/YEUMMXfp


Con questi due esempi vorrei sottolineare non solo come l'uso di uno strumento tecnologico possa diventare significativo dentro un percorso di apprendimento ma anche come occorra sempre fare quel passo in più che dalla manipolazione concreta ci porta verso la matematica... altrimenti anche le manipolazioni non acquistano significato e soprattutto non aiutano.

sabato 30 ottobre 2021

Le creazioni matematiche come contesto per la ricerca

Sta per partire la nuova ricerca del gruppo Creazioni matematiche. Il gruppo di insegnanti è abbastanza folto e variegato, varie le età degli alunni, vari i luoghi di provenienza degli insegnanti. Difficile trovare luoghi e tempi per incontrarsi tutti insieme. Ci viene incontro la nostra piattaforma Moodle che ci consente uno scambio continuo e, per il team di coordinamento, anche un gruppo su Whatsapp.

I temi da sviluppare sono tanti: dalla ricerca dello scorso anno ne sono emersi cinque che abbiamo provato ad elencare per non perdere il filo dei discorsi aperti:

1. Progettazione, documentazione, valutazione 

2. Conduzione della discussione, buone domande

3. Situazioni problema

4. Inclusione

5. Integrazione con le tecniche Freinet 

Sicuramente, tra questi, il tema delle situazioni problema (che cosa sono… come si gestiscono…) è quello che ci aiuta di più in questo momento a costruire dei raccordi tra creazioni e contenuti della matematica, dal momento che le creazioni sono prodotti assolutamente spontanei dei bambini e portano sempre in tante direzioni. Proporre situazioni problema, soprattutto se già sperimentate, aiuta a tenere la rotta. Le situazioni problema di solito sono generative, suggeriscono variazioni che conducono poi verso generalizzazioni e astrazioni importanti. 

Gli aspetti visivi delle creazioni sono anche fondamentali, quindi mi vengono in mente varie letture che potrebbero aiutarci ad approfondire e a migliorare la nostra capacità di analisi e di interpretazione dei prodotti dei bambini. De Finetti, Radford… una ricerca interessante e con possibilità infinite di sviluppo. Ma anche la Gestalt…



Tornando alle situazioni problema… per me rimane fondamentale il testo di Arsac “Problemi aperti e situazioni problema” (in francese) che offre esempi diventati delle pietre miliari dei nostri percorsi didattici come il problema di Toto o quello dell’astronave che abbiamo declinato in tanti modi.

https://publimath.univ-irem.fr/biblio/ILY91002.htm

Nel libro di Zan&Di Martino “Insegnare e apprendere la matematica con le Indicazioni nazionali” troviamo una tabella ormai famosa in cui si confronta un problema con un esercizio.

Il “problema” di cui si parla qui è una “situazione problema” dal momento che porta i bambini a costruire nuove conoscenze, si colloca nella zona di sviluppo prossimale, fa evolvere da ciò che si sa verso ciò che è ancora da costruire concettualmente e quindi apre verso i nuovi apprendimenti. Ciò che distingue un esercizio da una situazione problema, nella mia esperienza, sono ancora altri due elementi: il fatto che non si risolve da soli, cioè non può essere, se non momentaneamente, un lavoro individuale, è sempre una ricerca di gruppo, esige lo scambio, la comunicazione per arrivare alla soluzione. Secondo aspetto: diventa fondamentale il confronto delle strategie così come la condivisione delle difficoltà incontrate, degli errori fatti lungo il cammino e la presa di coscienza del ruolo che gli errori stessi hanno avuto nel percorso risolutivo, lo sviluppo di capacità di controllo e di tutte quelle abilità metacognitive messe in gioco in situazioni significative. La discussione matematica è un momento fondamentale per mettere in gioco tutti questi aspetti. 

Qui le citazioni diventerebbero infinite ma dal momento che in questo periodo si stanno affrontando le problematiche connesse alla valutazione mi sembra importante dire che se vogliamo seguire veramente i processi messi in atto dai bambini, per valutare i loro progressi, siamo obbligati a passare attraverso le situazioni problema registrando accuratamente ciò che la situazione mette in luce del “sapere”, del “fare” e del “saper essere” di ogni bambino proprio perché si esce dagli stereotipi e quindi ognuno mette in gioco competenze reali.

Scrivendo questo post mi sono venuti in mente tanti filoni di ricerca intrecciati inevitabilmente tra di loro che dovremo disintrecciare e poi reintrecciare per ri-costruire le nostre competenze professionali.



sabato 2 gennaio 2021

Ripensare la didattica della fisica

Abbiamo da poco pubblicato nella collana RicercAzione del MCE un libro molto importante di Maria Arcà e Paolo Mazzoli: Chi vince al tiro alla fune?

Il tema, le forze, ci fa entrare nel mondo della didattica della fisica con uno sguardo nuovo: quello dei bambini che fanno esperienze di gioco o con oggetti a portata di mano e, stimolati dall'insegnante, cercano delle risposte a domande molto semplici come quelle suggerite fin dall'introduzione del libro: Perchè un elastico si allunga? Chi vince al tiro alla fune? e così via.

Io mi sono sempre sentita particolarmente ignorante in fisica perché non tutto ciò che si vede succedere ha una spiegazione intuitiva, spesso è proprio l'opposto, a cominciare dalla difficoltà di ragionare a livello di sistema per potersi rendere conto che le forze non agiscono mai da sole ma sempre in coppia, cioè ci sono sempre due forze uguali e contrarie che si contrappongono anche quando non riusciamo a "vederle". E allora bisogna guardare ai fatti con un occhio diverso... non per cercare la legge già codificata ma per provare a capirla, a spiegarcela con parole nostre dopo averne fatto esperienza.

Se non avete mai fatto con i bambini esperienze di tiro alla fune, di uso delle bilance, di spinte ad oggetti ecc. per capire che cosa significa "fare forza", è ora di provarci; giocando con loro possiamo imparare tanto anche noi. Questo è un libro operativo, nello spirito dei libri rossi di questa collana, quindi suggerisce attività da fare subito in classe, tutte facilmente realizzabili con materiali e oggetti comuni.

Il libro è un eBook acquistabile su internet come indicato nella scheda promozionale


Abbiamo realizzato un'intervista agli autori che è anche una piccola lezione di fisica: se avete un po' di tempo provate a guardarla e mandatemi i vostri commenti.





lunedì 12 ottobre 2020

Fate una creazione matematica!

Finalmente il 24 ottobre si parte con la ricerca azione sulle creazioni matematiche: segnatevi la data e soprattutto se siete interessate iscrivetevi. Qui trovate tutte le informazioni utili http://www.mce-fimem.it/evento/fate-una-creazione-matematica/

L'intento del gruppo che si è costituito anche a livello nazionale nel MCE è di sperimentare delle modalità innovative di fare matematica ispirandosi al modello di Paul Le Bohec e alle ricerche più recenti in didattica della matematica.

Abbiamo un sito  https://creazionimatematiche.com  dove raccogliamo le documentazioni del lavoro svolto dagli insegnanti che dall'anno scorso partecipano alla ricerca. È in continuo aggiornamento. 


Nel sito c'è il blog dove scriviamo le idee che nascono dalla riflessione sui lavori svolti ed è spiegato il percorso didattico, anche questo in continua revisione perché le idee non mancano, una volta intrapresa questa strada da un'idea ne nasce un'altra.

È possibile interagire con noi attraverso i commenti agli articoli e alle pagine oppure scriverci direttamente attraverso il modulo di contatto https://creazionimatematiche.com/contact/.

Mi sembrava importante dare anche qui le informazioni sul nostro gruppo oltre a quel che potete trovare sul sito MCE http://www.mce-fimem.it/ricerca-didattica-mce/creazioni-matematiche/

La ricerca è grande e coinvolge persone da molti gruppi territoriali e anche persone singole interessate. Prende così corpo la mia idea di qualche anno fa di creare un gruppo all'interno del MCE che si prendesse cura anche della matematica come era un tempo, cercando di mettere in contatto le esperienze isolate che esistono all'interno del Movimento. Abbiamo iniziato con il Manifesto sull'insegnamento della Matematica che contiene i fondamenti e ora cerchiamo di mettere in pratica i principi espressi in quel documento lavorando tutti insieme ad un progetto innovativo. 


domenica 27 settembre 2020

Uno smartphone per documentare

Sono stata assente per tutta l'estate ma non vuol dire che non abbia fatto nulla... tanti lavori da concludere e la collana online RicercAzione del MCE da seguire con più costanza dal momento che ora ne sono incaricata ufficialmente. Comincio quindi da lì. Inserisco la bella videata che compare sullo Store di StreetLib cercando "Edizioni MCE" che è molto accattivante e dimostra che di lavoro se ne è fatto parecchio in un anno: 9 pubblicazioni.


La serie rossa sono attività da svolgere subito in classe, la serie gialla contiene anche un po' di teoria, la serie blu sono documenti o testimonianze del MCE che ci sembra valga la pena riprendere in mano.

Il lavoro continua perché i gruppi di ricerca del MCE non stanno mai con le mani in mano. Sono in preparazione altri titoli, alcuni sono già in uscita. Cerchiamo di intercettare le esigenze della scuola, degli insegnanti di tutti gli ordini scolari, e anche di valorizzare il lavoro di ricerca e sperimentazione che avviene in molti gruppi territoriali.

La riflessione che volevo fare oggi riguarda la documentazione: senza lo sforzo di molti insegnanti di documentare il loro lavoro queste pubblicazioni non potrebbero esistere. Ma come documentare?

Innanzitutto bisogna dire che la documentazione non serve solo per poter fare le riflessioni nel gruppo di ricerca ma soprattutto per quella personale di ogni insegnante sui percorsi didattici che propone agli allievi per ricavare elementi utili alla valutazione formativa. Questo uso della documentazione non è una novità ma siccome costa fatica molti insegnanti con cui lavoro cercano di aggirare l'ostacolo condividendo solo le sintesi, i risultati finali del lavoro svolto in classe, il quaderno, in sostanza. Questo non serve a molto. Se l'attenzione deve essere rivolta ai processi per poter aiutare gli allievi a superare gli ostacoli di apprendimento, occorre documentare i processi... raccogliere i loro prodotti, analizzarli con il nostro occhio e poi farli discutere agli allievi. È in questa interazione tra alunni e insegnante che si costruisce conoscenza.

Per documentare bisogna essere attrezzati. Quando si propone un'attività entriamo in classe con tutto il necessario ... lo smartphone. Questo oggetto che sta sempre nelle nostre tasche ci permette di fare tutto ciò che serve: foto, filmati, registrazioni audio. Usiamolo! Ogni documento creato è immediatamente condivisibile e se si crea un archivio nel cloud immediatamente tutto il gruppo di ricerca può avere la percezione di ciò che avvenuto e farsi delle domande o provare a ripetere la stessa esperienza.

Creiamo una struttura nel cloud che consenta di avere in tempo reale la documentazione di tutti i passaggi di un'attività, le cose che dicono e che fanno i bambini. Impariamo a non filmare i volti dei bambini, se non strettamente necessario, ma solo le mani, impariamo a girare in senso orizzontale lo smartphone quando filmiamo per avere la clip video in formato panoramico non in formato "fessura", scriviamo subito un breve diario di bordo per ricordarci le cose più importanti. Alla fine del lavoro fotografiamo tutti i protocolli mettendoci in un angolo con la luce naturale facendo attenzione a non creare ombre sul foglio. 

Con questi pochi accorgimenti avremo delle documentazioni impeccabili che potranno essere facilmente utilizzate ad esempio per la costruzione di un libretto della serie rossa. La difficoltà più grossa che ho avuto in questo periodo è stata reperire immagini di qualità. Non avere le immagini nel formato giusto e con la risoluzione sufficientemente alta (300 dpi è quella necessaria) fa perdere un sacco di tempo nel momento dell'editing.

La documentazione ci serve anche per le riunioni con i genitori, per renderli più partecipi del lavoro di classe, per far vedere i loro figli in azione. Se raccogliamo in un filmato le clip dei momenti clou dell'anno scolastico abbiamo la possibilità di mostrarli sia agli allievi sia ai genitori, con scopi diversi ma tutti ugualmente importanti.

Nel periodo della Dad avere uno smartphone e saperlo usare in questo senso ha permesso di superare molti ostacoli, di mantenere vive le relazioni e sfruttare i contatti per cercare le persone. WhatsApp è l'applicazione che ha sfondato in questo senso. È inutile andare a cercare cose più complicate. Molto spesso la soluzione più vicina a noi è anche quella più funzionale.


giovedì 25 giugno 2020

La nuova scuola della ministra

Ho appena letto questo articolo http://www.tuttaunaltrascuola.it/scuola-la-mia-proposta-al-ministro/
di cui evidenzio alcuni passaggi su cui mi preme intervenire ed eventualmente dibattere.

Il consulente della ministra, che si presenta come insegnante "innovatore" (ora in pensione come me...)  propone di costituire "una rete sperimentale di scuole senza voti né compiti, dove si sta all’aperto e dove si apprende per campi di esperienza» che, detto così, pare una cosa bellissima: chi non desidera eliminare i voti e i compiti, stare di più all'aperto anziché chiusi in un'aula, eliminare la rigidità dell'insegnamento per discipline separate, lavorare su campi di esperienza... ma ecco che subito sorgono i dubbi.

Comincio dal fondo.

1. Campi di esperienza. Che cosa significa "campi di esperienza"? Sono quelli citati nelle Indicazioni Nazionali per la scuola dell'infanzia (il sé e l'altro, la conoscenza del mondo...)? Nelle ultime Indicazioni si legge: "...i campi di esperienza vanno piuttosto visti come contesti culturali e pratici che “amplificano” l’esperienza dei bambini grazie al loro incontro con immagini, parole, sottolineature e “rilanci” promossi dall’intervento dell’insegnante". Quindi sembra che il campo di esperienza sia definito da un insieme di relazioni che in qualche modo facilitano l'esplorazione e la reinvenzione dei concetti, non è un agglomerato informe di esperienze ma qualcosa in cui i nessi tra i vari aspetti non sono frutto di associazioni logiche (adulte), della casualità o dell'improvvisazione; nel campo di esperienza i costrutti epistemologici delle discipline vengono esaltati e valorizzati.
O sono come i contesti di apprendimento di Matematica 2001 (scusate se cito sempre questa esperienza ma ovviamente per me è stata basilare!) "che fanno riferimento ad esperienze extrascolastiche già fortemente matematizzate nella vita di tutti i giorni" (es. scambi economici, temporalità esterna, rappresentazione dello spazio, ricette di cucina, giochi tradizionali (e di strategia) macchine ingranaggi...) all'interno dei quali la matematica (in questo caso) acquista significato anche agli occhi degli allievi e in cui è possibile sperimentare sia attività di modellizzazione sia attività di riflessione. Paolo Boero (a cui rimando) ha sviluppato intorno a questo concetto tutto il suo progetto didattico, che non riguardava solo la matematica ed era anche molto connotato ideologicamente, visto il momento storico in cui è nato.
O è qualcos'altro che andrebbe allora spiegato e/o ridefinito?

2. Outdoor education: ho seguito diversi webinar in questo periodo per capire meglio che tipo di didattica potesse nascere da queste proposte ma finora non ho capito che cosa concretamente si farebbe in questo ipotetico outdoor al di là di raccogliere foglioline e assemblarle per costruire dei bei quadretti (sto esagerando ovviamente!!!). Qualcuno ha spiegato veramente come si organizza concretamente un'attività outdoor, con quali obiettivi e con quali proposte e come le attività si inseriscano nel curricolo, quali conoscenze costruiscano e come? I bambini vengono a scuola per imparare non per "giocare in cortile". Io ho sempre praticato, appena possibile, la "mia" outdoor education perchè per fare scienze è indispensabile fare esperienze dal vero (non esperimenti da laboratorio! e non ero l'unica a saperlo e praticarlo, facevo riferimento ad un gruppo di ricerca!). I genitori dei miei alunni si ricorderanno di essersi autotassati (non tutti, se ricordo bene!) per acquistare un tavolone da mettere di fianco al nostro orto per poter osservare, raccogliere, curare, disegnare, studiare le piante e gli animaletti che si trovavano nel cortile della scuola. Quindi penso che outdoor education sia qualcosa di abbastanza chiaro nella mente di chi la propone perché l'ha sperimentata e sa dove porta e come si gestisce ... ma non mi sembra una novità, se non per l'uso di un termine inglese, e soprattutto non è qualcosa che si realizza da un giorno all'altro. Richiede formazione e fatica, anche tutoraggio continuo e la presenza di facilitatori, a quanto leggo sui siti che la propugnano. Forse è per questo che costano parecchio i corsi con i formatori e le scuole devono quindi essere molto motivate per aderire a queste reti. Ce ne sono altre dello stesso tipo che propugnano altre forme organizzative... è tutto un fiorire di idee... mi chiedo come mai!

3. No compiti. Questa mi sembra una cosa sensata se stiamo ragionando su una scuola a tempo pieno dove nel tempo scuola i bambini hanno modo di esercitarsi a livello individuale perché l'organizzazione scolastica comprende questi tempi anche con una gestione autonoma da parte dei bambini stessi (vedi il piano di lavoro di Freinet nel post Creazioni antivirus). Ma in una scuola che molto probabilmente sarà dimezzata come tempi (di aumentare gli organici non se ne parla!) mi sembra veramente poco realistico. In ogni caso volenti o nolenti i nostri alunni per imparare devono avere modo di mettersi alla prova a livello individuale, quindi devono sia studiare che fare compiti, se poi i compiti si debbano fare a scuola o a casa questo è un altro discorso.

4. No voti. Qui sfondiamo una porta aperta dal momento che il MCE, di cui faccio parte, ha avviato da anni la campagna Voti a perdere!!! Ma "no voti" non vuol dire "no valutazione"... altrimenti come facciamo a portare avanti un progetto formativo? Stiamo ovviamente parlando di valutazione formativa, l'unica che serve, e di autovalutazione. Quindi ci stiamo assumendo un onere molto più grande, quello di seguire passo passo il percorso cognitivo di ogni allievo e di monitorare i progressi attraverso una documentazione puntuale delle attività svolte e delle risposte che ogni singolo allievo è in grado di dare: ma chi brandisce questo slogan ne è consapevole? Ce la racconta così? O basta eliminare i voti per eliminare discriminazioni e tante altre problematiche?

5. Rete sperimentale. Ed ecco per concludere, ciliegina sulla torta, la trappola iniziale o finale a seconda di come si legge la proposta: tutta questa grande innovazione è solo per pochi. Dal momento che ho fatto parte di progetti di sperimentazione per tutta la mia vita (scolastica) e ancora oggi me ne occupo, so già che fine farà questa bella sperimentazione. Pochi eletti riceveranno fiumi di denaro per fare ciò che piace a loro. I risultati non li sapremo mai, il monitoraggio verrà fatto dai loro amici e le scuole continueranno a fare quel che facevano già prima con sempre meno risorse.

Fine della storia. Visione troppo cinica o di parte? Assolutamente sì. Ma questo è ciò che mi sento di dire ogni volta che ascolto queste proposte, con tutto il rispetto, sia chiaro, per chi porta avanti le sue idee sfruttando gli spazi che gli vengono offerti.
Purtroppo rimangono aperti i problemi veri: Chi farà la progettazione didattica e come la farà? Che cosa impareranno concretamente i bambini se i progetti non sono anche accompagnati da una chiara visione del contenuto delle discipline? Chi è capace di fare attività interdisciplinari dando agli alunni le conoscenze indispensabili per la loro emancipazione?

Parte del mio cinismo dipende dal mio lavoro. Faccio i conti quotidianamente con la richiesta di formazione sulla matematica e io stessa continuo a studiare e a formarmi nel mio nucleo di ricerca, gli insegnanti con cui lavoro sanno di non sapere (come anch'io so di non poter padroneggiare tutta la matematica...) e mi chiedono di spiegare i concetti più ostici che spesso incontrano per la prima volta, di aiutarli a progettare, di imparare come si fa a cogliere nei prodotti e nelle parole dei bambini ciò che sanno e ciò che stanno imparando, come si fa a interagire correttamente rispettando le idee di ciascun bambino e aiutandolo ad esprimerle... questa è una ricerca continua che non può essere delegata a persone esterne alla classe. O si fa insieme o non si fa.
Una formazione comune tra insegnanti e altri operatori è indispensabile per cambiare un po' la scuola. Ci sono esperienze di questo tipo a cui fare riferimento.
Ciò che non funziona è cambiare gli assetti organizzativi lasciando invariato tutto il resto.
E per favore non toccateci le Indicazioni nazionali....