domenica 5 febbraio 2012


Il piacere di fare matematica

di Donatella Merlo
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Non è vero che esiste una predisposizione alla matematica, prerogativa di pochi eletti, mentre è purtroppo vero che è più facile sentir dire “Di matematica non ho mai capito niente” anziché “Mi piace fare matematica”. Sono convinta però che la responsabilità di questa situazione non risieda tanto nelle doti più o meno innate di ciascuno di noi, quanto piuttosto nella fortuna o meno di aver incontrato nel proprio cammino scolastico bravi insegnanti di matematica.
Per insegnare bene una materia bisogna sicuramente amarla. Ma non basta. Occorre anche una buona padronanza dei contenuti e la capacità di entrare in risonanza con le conoscenze ancora in embrione nella mente degli allievi.
Ciascuno di noi quando si trova in una situazione di apprendimento deve poter collegare in qualche modo le nuove conoscenze con quelle che già possiede: questo permette di capire. Un bravo insegnante dovrebbe quindi organizzare gli interventi didattici intorno ad attività che consentano agli allievi di trovare quella risonanza, e, contemporaneamente, di trarre la motivazione necessaria, per compiere l’inevitabile sforzo dell’imparare.
Occorre mettere l’allievo in un contesto che richieda la risoluzione di un problema costruito in modo tale da incorporare i nuovi saperi in modo naturale, affinché l’allievo trovi parole, gesti, strumenti che lo conducano alla soluzione. Questo processo però deve avvenire in una situazione sociale, di interazione e di scambio all’interno della classe. È come se ciascun allievo mettesse il tassello di un puzzle sul tavolo e poco per volta ogni tassello spostato e accostato ad altri da tante mani che lavorano con lo stesso scopo, assumesse via via la forma giusta: ogni pezzo alla fine si va ad incastrare per comporre il disegno complessivo del sapere.
Per creare questo ambiente di apprendimento ci vuole, da parte dell’insegnante, molto rispetto e molta capacità di ascolto degli allievi. Anche strade più lunghe e meno formalizzate possono condurre alla soluzione e acquisiscono maggior valore, rispetto a quelle canoniche, dall’essere il prodotto di un pensiero autonomo e creativo.
La condivisione di idee, strategie, rappresentazioni è indispensabile perché nel momento in cui si rende esplicito, in una situazione di classe, il proprio pensiero oltre a chiarire a se stessi le proprie idee, si apre la possibilità agli altri di rielaborarle, trasformandole, se necessario, fino a portare a compimento, tutti insieme, come un corpo unico, il processo di costruzione di nuova conoscenza.
Scegliere un problema adatto, che faccia scattare il processo di apprendimento, non è facile. Per individuare il problema, in un determinato momento del percorso di apprendimento, l’insegnante deve cominciare col chiedersi qual è il sapere da far emergere e su quali saperi possano fare affidamento gli allievi per ‘attaccare’ il problema. Sicuramente, in una prima fase, gli allievi si serviranno di conoscenze e di strategie mutuate da esperienze precedenti, sia scolastiche che extrascolastiche. Nel corso del lavoro però dovranno poco per volta assumere la consapevolezza che il sapere ‘nuovo’ è indispensabile per risolvere quel problema o, per lo meno, risulta più economico utilizzarlo per arrivare alla soluzione. Lo strumento che consente agli allievi di passare dal piano dell’esperienza a quello della conoscenza è la discussione con i compagni mediata dall’insegnante. È indispensabile, come dicevo già prima, passare attraverso la comunicazione. Il contesto comunicativo mette tutti nella situazione di far diventare linguaggio il proprio pensiero perchè sia condiviso dagli altri. In matematica, inoltre, l’esercizio della comunicazione porta naturalmente verso lo sviluppo di capacità argomentative, indispensabili per comprendere il senso di una delle attività matematiche fondamentali: la dimostrazione.

Informazioni su Donatella Merlo
Ha insegnato nella scuola elementare dal 1969 al 2007. Fa parte del Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino dal 1988. Ha partecipato a molte sperimentazioni e ricerche nel campo della didattica della matematica e delle scienze. Attualmente si occupa di formazione degli insegnanti. Si interessa anche di informatica e in particolar modo di robotica educativa collaborando con Scuola di Robotica di Genova.
(Questo articolo è stato pubblicato su Education 2.0 con un pdf allegato che ne amplia i contenuti con esempi di attività.)

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